E’ il sesto anniversario del terremoto delle ore 3.32 del 6 Aprile 2009. Molti giornali hanno ricordato e ridettagliato in anticipo la vicenda. Non voglio riprendere o copiare quegli articoli, ma solo dare un mio contributo “a memoria” del fatto. Abito sul Tirreno ma sono nato lì, sul versante Adriatico, sulla fascia più insidiosa del rischio sismico nazionale. Cioè la striscia più pericolosa in Italia, a parte, forse, il Vesuvio. Da quelle parti il terremoto è fatto consueto per il quale esistono specifiche espressioni: “aretretteca” (traduzione: “s’è mosso ancora”) per le scosse leggere, “ha fatto Middio” per quelle un po’ più sentite, dove ‘Middio’ è il Santo Emidio, patrono di Ascoli Piceno e protettore dal terremoto (ché pare che lì ce ne sia bisogno). Piccolo dato personale: sono nato sotto la torre della chiesa di Sant’Emidio ad Amatrice.
Salto i dolori di amici e parenti, ce li teniamo e li terremo per noi. Questo solo per giustificare il mio coinvolgimento emotivo. Un “bel” terremoto l’ho preso, da bambino piccolissimo. Mi sono sentito, seduto sul lettino, segato in due sulla pancia. Poi abbiamo pure dormito al campo sportivo nella Fiat 600 bianca.
L’Aquila era, e tornerà ad essere, una città bellissima e sobria, di impianto antico e pregevole. Faccio solo un riferimento alla splendida basilica di Collemaggio, col castello e la fontana delle 99 cannelle. Il 99 ricorre spesso, anche nella distanza in chilometri da Roma. Viva e autonoma, importante anche per essere collocata in un’area impervia che comprende il Massiccio del Gran Sasso d’Italia. Nel 1703 (tra tantissimi altri) ci fu un terremoto enormemente più catastrofico. Ma è un fenomeno naturale, ben spiegato dalla geofisica e dalla vulcanologia, con la tettonica a zolle e la deriva dei continenti.
Si sapeva bene, quindi, che lì e nel vasto circondario c’era, c’è, e ci sarà un significativo rischio sismico.
All’inizio del 2009 ci fu un protratto sciame sismico piuttosto tenue, puntualmente monitorato dall’INGV di Enzo Boschi. In qualche misura “tranquillizzante”: l’energia in eccesso si rilasciava con gradualità. Ed era un discorso ragionevole. Ma la scossa decisiva si produsse a bassa profondità, molto in alto, concentrandone gli effetti proprio sull’area dell’Aquila. Ma lo abbiamo sentito anche qui, sulle rive del Tirreno.
E poi…309 morti, che si possono vedere tutti sul sito de Il Centro.
Questo è casuale e non esattamente prevedibile.
Ma…
Ma come è stato possibile che i danni maggiori si sono prodotti su edifici pubblici di recente costruzione, la prefettura e la casa dello studente, una strage nella strage?
Ma, ancora peggio, come è stato possibile che la notte stessa del fatto già c’erano disgustose telefonate tra imprenditori collegati col governo della repubblica per spartirsi la torta della ricostruzione , anzi , prima, dei ponteggi e dei puntellamenti, sotto l’egida della potente protezione civile delle emergenze di Bertolaso?
Ma perché è stato consentito “in omaggio a L’Aquila” di portarci il G8 che si doveva svolgere alla Maddalena (con lavori ancora da fare che non sarebbero e non sono stati mai finiti)? Altri soldi buttati…
Ma come è stato possibile che un governo della repubblica abbia potuto, perfettamente consapevole della situazione, promettere una tempestiva ricostruzione, con fabbricati che già da tempo stanno cadendo?
L’Aquila sta lì, devastata dal terremoto , ma più da chi il terremoto prima l’ha ignorato e poi l’ha considerato una privata riserva di caccia e parassitismo, alla faccia dei morti e dei sopravvissuti.
L’Aquila merita di più, anche se dovesse fare tutto da sola.
Provate a contare fino a 309, ogni secondo un morto, e chi amava e ama quei morti, non perde quel singolo secondo, ma un pezzo della vita, forse, per molti, il più importante.
Luigi Torreti
(foto “L’Aquila centro” di LIAP – Opera propria. Con licenza CC BY 3.0 tramite Wikimedia Commons – http://commons.wikimedia.org/wiki/File:L%27Aquila_centro.JPG#/media/File:L%27Aquila_centro.JPG)
Massimiliano Gobbi