Negozi che hanno dovuto abbassare la saracinesca per mesi, lavoratori sul lastrico, intere famiglie in difficoltà. E tanti, forse troppi, giovani lasciati soli, abbandonati a sé stessi in un presente sempre più ‘nero’, con prospettive verso il futuro labili. A colori solo un’Italia suddivisa in zone, tra incertezza e senso di impotenza.
I mesi passavano, i Dpcm si rincorrevano e quell’andrà tutto bene cantato a squarciagola dai balconi era diventato un po’ un leitmotiv. A cui tutti si sono ‘ancorati’, a cui tutti hanno cercato di trovare appiglio per andare avanti, per sopravvivere. Perché l’emergenza Coronavirus, che ha piegato l’Italia (e non solo), non è stata esclusivamente sanitaria. Tra crisi economica e dibattiti di politici e virologi sempre più telegenici, sono stati tanti gli italiani che chiusi in casa hanno dovuto fare i conti con quelle quattro mura, che per molti non rappresentano un porto sicuro. Un luogo dove sentirsi protetti. Tutt’altro. Le violenze sulle donne sono aumentate, molti ragazzi hanno continuato a isolarsi, a nascondersi dietro un videogame o uno smartphone, tanti altri hanno dovuto fronteggiare le proprie paure, facendosi forza da soli. In una ‘bolla’ che sembrava lontana dal mondo reale, quasi scostante, ma che in fin dei conti non è nient’altro che la realtà. Quella di una società dove sembra vincere chi prevarica, in un gara a ostacoli dove il ‘debole’ resta ultimo. E si sono sentiti gli ultimi in fondo alla scala delle priorità troppi ragazzi, lontani dalla scuola, dagli amici, dai luoghi di svago. Adulti e giovani fragili che si sono visti costretti a restare chiusi in casa, a guardare in faccia i mostri ‘interiori’, a lottare con questi. O almeno, ci hanno provato. Da soli, tra un lockdown e l’altro. Perché se c’è chi ha vissuto quei mesi in famiglia e c’è chi ha (paradossalmente) ritrovato la serenità e ha avuto più tempo per dedicarsi, per esempio, ai figli; c’è chi invece si è sentito intrappolato e che non se ne faceva nulla di quell’andrà tutto bene. Perché bene non andava.
‘Io soffro di anoressia e bulimia, i lockdown per me sono stati un incubo’
C’è chi era senza lavoro, chi non poteva incontrare gli amici, chi voleva evadere da quella casa e non poteva. Perché fuori si rischiava il contagio, di finire in ospedale, di stare male. Ma c’è chi è stato male lo stesso, anche se non è stato intubato. Anche se, fortunatamente, non è finito in terapia intensiva. Perché il virus ha trascinato con sé tante vittime, ma ne ha fatte tante altre ‘silenziosamente’.
Abbiamo parlato con una ragazza romana di 36 anni, che da 6 sta lottando contro l’anoressia e la bulimia, due malattie che con i lockdown non hanno fatto altro che peggiorare la sua condizione. Non hanno fatto altro che far vacillare quell’equilibrio che con fatica aveva cercato di ritrovare. “Con il lockdown – ci ha raccontato – ho perso totalmente il controllo. Mi sono ritrovata a convivere chiusa in casa con le mie paure e i miei pensieri. Senza potermi confidare, senza sfoghi, senza niente. Solo con pensieri, preoccupazioni, paure. Un vortice”. Una spirale da cui difficilmente si riesce a venirne fuori, se lasciati soli. “Palestre chiuse, fiducia e sicurezza in me stessa sotto terra. Mi sono ritrovata ad avere paura dell’acqua e di mangiare. Ma dentro di me chi è che aggiusta?” – si chiede Sara (nome di fantasia). In quei giorni dove bisognava mettere a posto tante (troppe) cose, tra pazienti che necessitavano di cure e lavoratori stanchi ed esausti, nessuno ha mai pensato a chi da solo ogni mattina doveva trovare la forza e il coraggio per andare avanti. Guardarsi allo specchio e dire: “Chissà se oggi è la volta buona”.
“Ho passato giorni a letto senza alzarmi e senza lavarmi. Ho pianto, urlato. Ho pregato che forse era meglio avere il virus, almeno non dovevo mangiare”. In quei momenti in cui l’unica amica/nemica resta la bilancia e quel numeretto che compare sopra, tutto il resto non conta. Si diventa ‘egoisti’, incontrollabili, instabili: “Mia madre l’ho presa in giro tutti i giorni. E questo mi fa più male di ogni altra cosa. Avevo paura di me stessa, non del virus”.
Poi uno spiraglio, il via alla libera alle palestre di poter riaprire dopo mesi di chiusura: “Ho ritrovato un po’ di equilibrio psicologico, c’è stata una breve parentesi di benessere psicofisico”. Ma è durato troppo troppo poco perché alle nostre ‘porte’ con la sua irruenza il virus ha continuato a bussare e il lockdown a farsi prepotentemente avanti. “La seconda chiusura in casa è stata peggio. Ero appena riuscita a ritirare su la testa che sono stata inghiottita nuovamente dall’incubo”. Un incubo dal quale Sara sta cercando di uscire, con la speranza di vedere davvero la luce fuori dal tunnel. “Sono vaccinata, ho bisogno di vivere. Anoressia e bulimia sono le due facce della stessa medaglia, sono fame e richiesta di amore, di vita. Ad oggi posso dire che sto risalendo con fatica la mia scalata, non è facile. Devo ricominciare tutto da zero”.
Sara deve partire dall’inizio, deve fare un viaggio dentro se stessa, riscoprirsi. Deve, soprattutto, imparare ad amarsi. A guardarsi allo specchio, ad accettarsi così com’è perché è anche nelle imperfezioni che si nasconde la bellezza. Sono quelle a renderci unici. Perché è bella Sara, ma non riesce a vederlo. Per lei, infatti, un’altra insicurezza del lokdown è stata non poter mettere gli occhiali da sole. Perché con la mascherina si appannano. Quegli occhiali da sole che la proteggono dal mondo esterno, facendole da filtro. E’ quindi un grido di aiuto e di speranza quello di Sara, che ha tutte le intenzioni e la consapevolezza giusta per “prendere a morsi” la vita, senza più paure e reticenze. Lei ce l’ha quasi fatta, ma si appella alle istituzioni affinché qualcuno si muova, accenda i riflettori su problematiche che troppo spesso passano in secondo piano: “Vorrei ci fossero più aiuti, maggiore importanza a questi problemi e vorrei che chiunque ne soffra trovasse la forza di chiedere aiuto”. Perché, “nessuno si salva da solo”.
Il parere della psicologa
“Dal bisogno di controllare il mondo nascono svariati disturbi, dall’attacco di panico alla frustrazione, fino all’isolamento e chiusura relazionale. Della serie: se non posso decidere tutto, allora me ne resto solo. E la solitudine spegne le emozioni – spiega la Dott.ssa Sabrina Rodogno, psicologa – Ma il nostro cervello trova spesso delle “soluzioni” e non sempre funzionali. Capita a volte, che sposti il controllo su ciò che più ci appartiene: il corpo.
I disturbi alimentari nascono da un eccessivo controllo sull’ambiente che, non è mai possibile esercitare pienamente, tranne quando il cibo diviene strumento da poter padroneggiare. Possiamo dimagrire, mangiare e mandare tutto fuori, passare ore a fare sport, insomma, siamo padroni di noi stessi. Con l’arrivo della pandemia la routine di ognuno è completamente saltata, per settimane intere ci sono stati tolti i punti di riferimento.
Sara si è ritrovata in balia delle onde, perdendo ogni possibilità di gestire il suo organismo.
Proviamo ad immaginare come ci si possa sentire… Il covid continua a mietere vittime, molte delle quali invisibili. E non essere visti nel dolore uccide”.