Oltre al danno pure la beffa. Sì, perché oltre al danno erariale di oltre 3,6 milioni di euro, cagionato al bilancio comunale di Formia, il Comune ha dovuto fare anche i conti con la mancata realizzazione delle opere e degli interventi su quello che sarebbe dovuto essere il porto turistico della città. Quello che, in realtà, sembra essere più un ‘fantasma’. Dopo un’indagine serrata co-delegata dalla Procura Contabile di Roma, Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto sono riusciti a ‘identificare’ 4 dirigenti e amministratori locali, che sono finiti davanti alla Sezione Giurisdizionale per il Lazio per un’azione di responsabilità amministrativa.
Lavori ‘fantasma’ a Formia
Stando alla ricostruzione dei fatti, gli incolpati non avrebbero svolto regolarmente e coerentemente ai richiesti canoni di efficienza ed efficacia, i doveri di servizio ad essi intestati. E questo ha avuto, inevitabilmente, una conseguenza: il Comune di Formia, infatti, avrebbe perso importanti finanziamenti, nonché probabili entrate, corrispondenti al mancato introito dei canoni, che sarebbero potuti derivare dalla realizzazione dell’opera pubblica e delle strutture per le attività ricreative e commerciali.
Cosa prevedeva il progetto
Il progetto nel Comune di Formia, quello che rientrava in un vasto Piano d’interventi a carattere regionale per costruire un sistema di porti ed approdi per migliorare i servizi e le funzioni dedicate al turismo a breve raggio, al diporto ed al pendolarismo con le isole pontine, prevedeva la realizzazione di oltre 600 posti barca. Che di fatto avrebbero potuto dare evidenti ritorni sull’economia dell’intero territorio.
Le indagini
La vicenda di quello che resta un ‘porto fantasma’ ha avuto origine dall’atto negoziale di concessione, che è stato sottoscritto l’8 marzo del 2010 per un importo presumibile di € 110 milioni tra il Comune di Formia e una società partenopea nelle forme procedurali della Finanza di progetto (cd. “Project financing”).
In questo caso, il ristoro del finanziamento a lungo termine di un progetto, riguardante nel caso di specie la costruzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, è garantito dai flussi di cassa previsti dall’attività di gestione o esercizio dell’opera stessa. Costituendosi come addizione all’esistente Porto di Formia e con dimensioni superiori all’attuale struttura, l’opera pubblica risultava, tuttavia, strabordante il perimetro urbanistico tracciato dal vigente P.R.G. e aveva, quindi, bisogno delle previste autorizzazioni paesaggistico- ambientali. La produzione di specifici atti e documenti da parte dell’Autorità Procedente (Comune di Formia) si sarebbe rivelata, in questo caso, essenziale alla definizione dell’istruttoria per il rilascio delle autorizzazioni da parte dell’Autorità Competente (Regione Lazio – Area V.A.S.), i cui adempimenti sarebbero culminati nella redazione del Rapporto Ambientale Definitivo per il rilascio della V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) e della V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale). Insomma, per dare il via ai lavori.
I solleciti e la fase di stallo
Eppure, stando all’esame della documentazione acquisita dalle Forze di Polizia è emerso come, malgrado le istanze e i solleciti vari dell’Autorità Competente, il Comune di Formia non avesse inviato i moduli richiesti provocando una lunga fase di stallo. Una fase di stallo che, oltre ad impedire la programmazione delle eventuali ed ulteriori iniziative per la realizzazione dell’opera, ha determinato l’archiviazione del progetto ed un’escalation di vicende giudiziali tra le parti negoziali. Culminata poi in una transazione conciliativa civilistica.
Il pregiudizio erariale
La complessa attività istruttoria, eseguita sotto la direzione del Vice Procuratore Dr. Massimo Perin e del Sostituto Procuratore Dott.ssa Eleonora Lener, ha dunque permesso di constatare il pregiudizio erariale. Sia nella forma del danno emergente pari ad € 500 mila, corrispondente alla restituzione dei canoni corrisposti anticipatamente dalla società concessionaria all’atto della sottoscrizione del contratto, sia nella forma del lucro cessante pari ad oltre € 3 milioni per la mancata riscossione degli introiti dei canoni annui residui che la società avrebbe corrisposto in forza della concessione cinquantennale. Oltre che, ovviamente, per i mancati guadagni derivanti dagli interventi di recupero e riqualificazione urbanistica dell’area adiacente l’ambito portuale. In quel porto che resta ‘fantasma’.