Questa mattina, Agenti della Questura di Latina e del Commissariato di P.S. Fondi (LT) hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari disposta dal GIP di Latina su richiesta della locale Procura nei confronti di D. P. L. classe ’70 e della moglie A. R. classe ’71, alla misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Latina nei confronti di D. P. N. classe 63, D. P. L. classe 1972 e D. P. M. classe 1996, a vario titolo indagati degli artt. 110 e 603/bis comma 1 nr.1 e comma 2 e 4 nr. 1 C.P (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) ed Art. 110 e 22 commi 12 e 12/bis lettera C D.L. 286/98. (Violazioni al testo unico sugli stranieri in materia di Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato); contestualmente è stato eseguito il decreto di sequestro di due società agricole, di proprietà dei coniugi D. P. ed A. ed attive nel settore ortofrutticolo e florovivaistico.
L’indagine sviluppatasi tra i mesi Ottobre e Novembre dello scorso anno ricostruisce un collaudato sistema di reclutamento e sfruttamento di numerosi braccianti agricoli, italiani e stranieri, impiegati ed utilizzati con modalità illecite all’esclusivo servizio di due aziende, riconducibili ai due principali indagati, D. P. L. e A. R.
Dalle dichiarazioni rese proprio dai lavoratori adoperati, dai servizi di osservazione eseguiti, dalla documentazione acquisita e dalla stessa verifica delle retribuzioni corrisposte è emerso un quadro allarmante di sfruttamento dei braccianti, con totale disinteresse e spregio, da parte dei due titolari delle aziende, delle effettive condizioni lavorative e con rischio per la stessa incolumità dei lavoratori.
Tutti i soggetti escussi, quali persone offese, hanno fatto emergere circostanze univoche e idonee a dimostrare le condizioni lavorative degradanti, in ambienti completamente invasi dall’umidità e dal fango, in totale assenza di qualsivoglia presidio antinfortunistico.
Di assoluta evidenza la condizione di sottomissione e di bisogno dei braccianti (extra comunitari e in alcuni casi clandestini) disposti a lavorare in condizioni disagevoli e totalmente ignari della normativa italiana a presidio dei loro diritti, oltre che evidentemente inconsapevoli del contenuto dei contratti di lavoro firmati.
Le indagini coordinate dalla Procura di Latina e condotte da personale della Squadra Mobile e dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico e del Commissariato di Fondi permettono di far emergere che le aziende prelevano, a mezzo di automezzi della ditta stessa, con alla guida dipendenti con funzioni di autista, i lavoratori nei pressi delle loro abitazioni e più precisamente in punti di raccolta ben precisi posti anche nei comuni limitrofi, per condurli prima nell’azienda principale e poi dividerli sui campi, sempre a mezzo degli stessi furgoni.
Sui mezzi di trasporto venivano stipati con grave pericolo per la loro incolumità i braccianti agricoli, che svolgevano una giornata lavorativa fino a dieci ore, per 25/26 giorni al mese, senza che agli stessi venisse per altro riconosciuto eventuale straordinario per le ulteriori ore prestate, senza alcuna copertura sanitaria, senza alcuna retribuzione aggiuntiva in caso di festività o riposo settimanale e senza presidi antinfortunistici e/o di sicurezza.
I braccianti lavoravano quindi in difformità a quanto previsto dal CCNL posto che a fronte di 8 ore di lavoro prestate mediamente, gli veniva corrisposta una paga giornaliera di euro 30 — 32, non percependo alcuna maggiorazione per il lavoro straordinario. Nella fattispecie i lavoratori percepivano una paga che oscillava fra i 500 e gli 800 euro al mese, nonostante gli stessi prestassero la loro opera per 25/26 giorni al mese, corrispondente a meno di 4 euro all’ora.
I primi spunti investigativi idonei a dare inizio all’indagine pervenivano dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Latina che raccoglieva le dichiarazioni di un lavoratore, di nazionalità indiana, privo di permesso di soggiorno e di contratto di lavoro, il quale, costretto dalla necessità di sopravvivere nonché di mantenere in vita il suo stesso nucleo familiare, rimasto nel paese di origine, si sottometterà alle più svariate vessazioni in campo lavorativo e non, subendo in maniera fuori dal normale e inumana turni di lavoro massacranti e faticosi, anche notturni, senza alcun giorno di riposo e con una paga al di sotto di quella dovutagli e sicuramente non per le mansioni ricoperte.
La successiva attività di osservazione presso le aziende agricole di proprietà di D. P. L. e A. R. ubicate a Latina, permetteva di riscontrare la presenza di numerosi braccianti agricoli, manodopera rappresentata da cittadini italiani e stranieri, in prevalenza indiani, i quali, mediante furgoni o l’utilizzo di velocipedi o ciclomotori, giungevano in massa presso detta azienda a partire dalle ore 07.00 circa per poi uscirne alle successive ore 17.00 circa.
Alle iniziali dichiarazioni rese dal primo lavoratore indiano, si aggiungono nel corso delle indagini quelle di ulteriori lavoratori tutte univoche nel rappresentare un disarmante quadro di sfruttamento creato da D. P. L. e A. R. interessati all’esclusivo e incurante lavoro forzato dei braccianti.
Dalle dichiarazioni acquisite emerge non solo la consapevolezza da parte dei lavoratori dello sfruttamento, ma anche e soprattutto l’ impossibilità di rinunciare al lavoro loro offerto per far fronte alle primarie esigenze di sostentamento.
Oltre ai due titolari delle aziende, D. P. L. e A. R. effettivi beneficiari delle prestazioni lavorative acquisite in evidenti condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei braccianti, emergono ulteriori soggetti, indagati in concorso che, seppur con posizioni marginali e indubbiamente condizionati dalle direttive dei coniugi titolari, hanno agevolato il protrarsi della condizione di soggezione fisica e psicologica.
In particolare, emergono le posizioni di alcuni dipendenti di tali società, D. P. N. e D. P. L. entrambi con funzioni di controllore, nonché di D. P. M. controllore ed incaricato ad impartire ordini, tutti riconosciuti dai lavoratori come coloro che erano soliti rivolgere loro minacce di licenziamento laddove avessero rallentato la produzione.