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CRACK DI MARIO, PARLA L’AVVOCATO DEI DIPENDENTI

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Dopo il sequestro di quasi 32 milioni di euro da parte della Procura di Roma nei confronti di importanti banche in merito al crack del Gruppo Di Mario, della questione parla l’avvocato Alberto Veccia, che segue la class action avviata dagli ormai ex dipendenti dell’imprenditore molisano Raffaele Di Mario.

Avvocato Veccia, avevate già avuto sentore che qualcosa “era nell’aria”, oppure il sequestro della Procura di Roma vi risulta inaspettato?

“Non posso dire che il provvedimento del Gip fosse del tutto inatteso, ma sono rimasto favorevolmente impressionato e sorpreso sia dalla celerità con la quale la Procura di Roma ha compiuto le indagini, sia dall’efficienza e professionalità dei magistrati della Procura e degli Ufficiali della Guardia di Finanza che hanno condotto le indagini e disposto il sequestro. Mi aspettavo infatti di dover sollecitare più e più volte la Procura, al fine di veder riconosciuti i diritti di dipendenti e fornitori del Gruppo fallito. Sin da subito, invece, abbiamo avuto riscontri agli esposti e denunce depositati. I magistrati hanno dimostrato di confermare la nostra prospettazione della vicenda. Noi abbiamo infatti assunto l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere che ha scientemente preordinato, sin dal 2008/2009, il Fallimento del Gruppo Dimafin al fine di distrarne in proprio favore beni e somme di denaro, in esecuzione di un preciso progetto criminale, un disegnum criminis altamente sofisticato, peraltro posto in essere da soggetti  di elevato livello di competenza professionale”.

Sembra che nelle carte delle indagini figurino nomi illustri della finanza italiana, professionisti ed alti dirigenti delle Banche di Unicredit, Banca Italease e Tercas. E’ vero?

“Sì, posso confermare che gli indagati al momento sono 29: si tratta di dirigenti di banca, consulenti aziendali e illustri professionisti. Le accuse che abbiamo presentato nei nostri esposti e denunce hanno trovato conferme nelle indagini effettuate in questi mesi dalle Fiamme Gialle. Secondo la nostra prospettazione, confermata dagli investigatori, le banche, o meglio alcuni dirigenti e professionisti che vi lavorano, pur consapevoli dello stato pre-fallimentare in cui versava il Gruppo Di Mario, hanno continuato a finanziarlo con il solo obiettivo di rientrare dei loro crediti. Tale criminale comportamento è stato ulteriormente aggravato dall’ignobile circostanza di aver richiesto ai dipendenti ed ai fornitori del Gruppo, quasi tutti piccoli artigiani, di “fare sacrifici”, continuando a lavorare ed a fornire i cantieri “a credito”, mentre i signori banchieri ed i professionisti da loro designati asportavano tutta la liquidità aziendale in proprio esclusivo favore. Tanto per dare un’idea: tra amministratori, avvocati e altri consulenti risultano, solo nell’anno 2010, oltre 10 milioni di parcelle per consulenze! Nel frattempo, i dipendenti non percepivano lo stipendio da oltre quattro mesi e diversi artigiani erano costretti a licenziare o a portare i libri in Tribunale, perché sfiniti dalla pressione nei loro confronti di banche e tasse”.

Pensa che queste somme sequestrate potranno essere utili al ristoro dei crediti dei dipendenti e fornitori della vostra class action?

“Sono certo di sì. Adesso che la magistratura penale ha compiuto il primo passo, si muoveranno certamente anche il Curatore del Fallimento Francesco Rocchi e gli  altri curatori dei procedimenti pendenti presso la sezione fallimentare del Tribunale di Roma.

Fino ad oggi infatti, nonostante i ripetuti solleciti, nessuna azione di revocatoria degli (illegittimi) pagamenti effettuati in favore delle Banche è stata iniziata dal Curatore. Questo grave ritardo nelle revocatorie previste dalla legge potrebbe peraltro compromettere gravemente la riscossione di ingenti somme illecitamente incassate dalle banche e che devono essere restituite al Fallimento per soddisfare tutti i creditori, in primis dipendenti e fornitori, ma anche l’Erario, che pure vanta discrete  somme a credito. Se il Curatore Rocchi non agirà subito, potrebbe non essere più possibile recuperare tali somme, in quanto la legge non lo permette qualora siano decorsi oltre due anni dal Fallimento”.

Si aspetta ulteriori sviluppi in altre direzioni delle indagini e il coinvolgimento di altri eccellenti indagati?

“Ho motivo di credere che le indagini non siano finite qui e che importanti sviluppi anche con nomi eclatanti potranno a breve essere resi di dominio pubblico”.

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