Il tutto nasce nel lontano 1996, quando le Ferrovie dello Stato, nella necessità di collegare l’interporto industriale di S. Palomba (e il relativo scalo ferroviario) con una rete di viabilità ad alto scorrimento, la SR Pontina, non ritennero remunerativo farlo per mezzo di una strada ferrata, ma acconsentirono a finanziare con i fondi TAV la Regione Lazio con 100 miliardi di lire, circa 50 milioni di euro, per la realizzazione di un collegamento stradale a più corsie.
Tale stanziamento, nel corso degli anni, ha subìto dei ridimensionamenti e allo stato attuale si è ridotto a 19,5 milioni di euro. L’opera, una strada di circa 7 km a sei corsie, finora è allo stato di progetto definitivo e si è in attesa dell’approvazione del progetto esecutivo, che dovrà avvenire entro il mese di luglio, pena la perdita del finanziamento e, cosa ancora più grave, pena la restituzione di quanto già impegnato per la stesura del progetto (si parla di circa due milioni di euro).
Fin qui tutto abbastanza semplice: sulla carta i soldi ci sono, il progetto è praticamente pronto e, come ha ribadito in una recente intervista anche il dirigente ai Lavori Pubblici di Pomezia, Renato Curci, mancherebbe solo l’indicazione da parte politica, leggi l’Amministrazione, per dare il via al progetto esecutivo e “risolvere” i problemi dei pendolari e delle industrie della zona in un batter d’occhio. Purtroppo le cose non sono così semplici come verrebbe da intendere semplicemente leggendo le dichiarazioni dei vari esponenti di destra e sinistra che si stanno susseguendo in questi primi mesi del 2014.
Anzitutto giova ricordare che il finanziamento è stato erogato a fronte dell’esigenza di collegare l’interporto industriale e il Polo Logistico di Santa Palomba con la Pontina, e solo successivamente, si è pensato di sfruttarlo per collegare meglio Pomezia (o meglio la SR Pontina) con il quartiere Roma 2 e la Stazione FS di S. Palomba, unendo l’utile al dilettevole.
Una delle criticità che saltano però subito all’occhio leggendo banalmente il progetto attualmente in esame, è che la strada non arriverà affatto alla stazione di Santa Palomba, con buona pace dei pendolari, ma terminerà prima della ferrovia, dove c’è l’interporto, e tutto il traffico proveniente dalla Pontina e viceversa, si troverebbe dirottato all’interno della zona industriale, già fortemente compromessa per la presenza di industrie insalubri, e si ricongiungerebbe a Via del Castelli Romani, in quel tratto chiamata Via della Solfarata, passando per Via Fiorucci, dove tra l’altro è in via di completamento la nuova scuola Media che servirà il quartiere, senza risolvere il congestionamento della stessa Via della Solfarata.
Ci si dimentica inoltre che gli stessi insediamenti industriali (tra cui depositi di carburante) sono stati definiti “suscettibili di causare incidente rilevante” ai sensi del decreto legislativo n° 334 del 17 agosto 1999 e s.m.i, e che per effetto della stessa normativa la popolazione interessata deve “essere messa in grado di esprimere il proprio parere nei casi di […] creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti”, cosa che evidentemente non è stata mai fatta.
Non hanno tra l’altro molto senso, alla luce di quanto esposto, nemmeno gli interventi atti a “verificare in seguito la possibilità di prevedere nel tracciato una corsia preferenziale destinata ai mezzi pubblici, a trazione elettrica e /o alternativa”, come riportato da alcuni esponenti politici locali “ecologisti”, visto che è proprio il progetto ad essere carente, a monte, di una qualsiasi logica urbanistica nell’ottica della reale sostenibilità ambientale e civica, dato che i suddetti mezzi pubblici arriverebbero nel mezzo del “nulla”.
Questo aspetto è stato ben rilevato e messo in evidenza anche dai cittadini residenti in zona, per voce del Comitato di Quartiere Roma2, che già a novembre 2013 hanno sollecitato l’amministrazione a trovare delle soluzioni diverse, tenendo tra l’altro presente che, poco oltre, esistono già delle viabilità alternative, tipo la SP Cancelliera (Via di Valle Caia) che supera la ferrovia e si congiunge all’Ardeatina, per cui delle piccole varianti basterebbero per arrivare alla stazione senza passare dal quartiere RM2, o, in alternativa, adeguare la viabilità già presente (la già citata Via dei Castelli Romani – Via della Solfarata) e creare un passaggio dedicato al traffico dell’interporto in modo che non passi dentro il quartiere.
Queste varianti erano in realtà già previste negli intenti originali visto che esiste un progetto della Provincia di Roma (datato 2009) per l’ampliamento della SP Cancelliera proprio nel tratto tra la Laurentina e l’Ardeatina nel quale, tra le altre cose, leggiamo che “[..] Tale sistema verrà inoltre prossimamente arricchito dalla realizzazione della Tangenziale dei Castelli, e dalla costruzione di una nuova strada (realizzata dalla Regione Lazio di concerto con il Comune di Pomezia e fondi forniti dalla TAV) che, partendo dallo scalo ferroviario di S. Palomba e sottopassando la Pontina, collegherà l’Ardeatina alla Litoranea Ostia – Anzio.”
Alcune domande qui ci vengono spontanee: Come mai la strada del progetto NON arriva né alla stazione né all’Ardeatina, se era previsto che ci dovesse arrivare? Come mai si ferma sulla Pontina e NON arriva sulla litoranea come da previsione? E in caso, arriverebbe passando da dove? Come mai di questi lavori di adeguamento della SP Cancelliera NON parla nessuno? E’ possibile utilizzare parte di questo progetto per far arrivare il traffico della nuova arteria all’Ardeatina e di conseguenza alla stazione?
Ci poniamo poi un ultimo quesito, ma non per questo meno importante: siamo sicuri, ammesso e non concesso che il progetto vada avanti così come è fatto, che i 19 milioni e mezzo bastino? O non ci troveremo, come è successo abbondantemente in Italia, con il classico “svincolo autostradale che finisce nel nulla”? Facile citare la Medea di Seneca: “cui prodest” a chi giova?
Forse l’Amministrazione, che si è trovata con questa patata bollente tra le mani, non ha tutti i torti a volerci vedere chiaro, magari modificando o eliminando le storture più evidenti, prima di dare il via libera definitivo ad un’opera che sia davvero utile.