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CECCONI, I LAVORATORI SI INCATENANO AI CANCELLI

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Disperazione e rassegnazione, ma anche rabbia, tanta rabbia, anche se repressa. Questi i sentimenti dei lavoratori della Cecconi, lo storico salumificio di via Laurentina, ad Ardea. Oggi è stata una delle giornate più tristi per i 42 dipendenti, che hanno riconsegnato le chiavi dello stabilimento ad un vigilante, delegato della società titolare. Ma, prima della consegna, la protesta, civile e pacata: cinque operai si sono incatenati ai cancelli, mentre altri saliti sul tetto dell’edificio che fino a un mese fa era il loro posto di lavoro. Volti disperati, che cercano soluzioni pur sapendo che non ce ne sono. “Incatenarci è un gesto simbolico, sappiamo che non servirà a nulla – hanno spiegato i 42 dipendenti, per i quali il prossimo 16 novembre scatteranno i licenziamenti per cessazione attività – ma era necessario: vogliamo dimostrare che il nostro attaccamento all’azienda, alla quale abbiamo dato non solo il nostro lavoro, ma anche la nostra dedizione, è reale e tangibile e che faremmo di tutto per salvarla dalla chiusura”. Ma la famiglia Scarfoglio Ferrara, che poco più di un anno fa aveva acquisito lo storico salumificio dagli eredi Cecconi per rilanciarlo, non sembra voler sentire ragioni. “La società praticamente non esiste più dal 27 agosto. Sono intenzionati a chiudere e basta – hanno proseguito i lavoratori – da più di un mese non si fanno più né vedere né sentire. Non abbiamo interlocutori reali con cui intavolare un discorso serio. Da ormai tre mesi non prendiamo lo stipendio, non abbiamo ricevuto la quattordicesima, ma questo è nulla rispetto alla certezza di aver perso le speranze di a avere ancora un lavoro. Noi, comunque, ci sentiamo ancora sotto contratto, almeno fino a quando non arriveranno le lettere di licenziamento, e per questo ci aspettiamo una retribuzione anche per i giorni passati davanti ai cancelli, visto che siamo ancora, legalmente, dipendenti della Cecconi. Fino a quel giorno, anche a stabilimento chiuso, noi verremo qui ogni giorno, davanti ai cancelli, per coprire il nostro orario di lavoro. Siamo disponibili a riprendere la produzione in qualsiasi momento”. “Non abbiamo più fiducia nelle istituzioni –  ha dichiarato un dipendente – I politici locali si sono fatti vedere solo la prima settimana, poi sembra che si siano dimenticati di noi”. Sempre in prima linea, invece, i sindacati, che domani pomeriggio si incontreranno con la famiglia Cecconi a Roma, in Prefettura. “Ma non siamo per nulla ottimisti – ha spiegato Massimo Persiani, segretario della Uila-Uil di -Roma e Provincia – Innanzi tutto speriamo che qualcuno si presenti, poi vedremo il da farsi. Lo scioglimento della Giunta regionale, poi, non ci facilita di certo le cose, visto che era previsto un altro incontro presso l’assessorato al lavoro della Regione Lazio, nella speranza di arrivare ad un accordo che consentisse la riapertura del salumificio. Adesso dobbiamo rivedere le nostre strategie: il sindacato resterà a fianco dei lavoratori, alla ricerca di una soluzione”. “La preoccupazione dei lavoratori che sono tutt’ora a disposizione dell’azienda è che lo stabilimento venga chiuso immediatamente e che vengano portati via merci e macchinari”, ha dichiarato Gianfranco Moranti, segretario della Flai Cgil Roma Sud-Pomezia-Castelli, presente alla Cecconi durante la protesta. “Ricordiamo che ai dipendenti, fra tfr e stipendi arretrati, devono essere ancora pagati in totale più di un milione di euro. I lavoratori temono di restare senza garanzie, ora possiamo solo aspettare l’incontro in Regione Lazio fissato per il 4 ottobre, per parlare di ammortizzatori sociali”.

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