Perdo l’equilibrio, cado e mi faccio male, un po’ meno rispetto alla scorsa volta, ma abbastanza perché i miei occhi inizino a lacrimare. Il tempo di realizzare cosa sia accaduto e mi ritrovo lì, sui gomiti, pronta a rialzarmi per l’ennesima volta, anche se con estrema fatica. In quell’istante non mi sento solo più forte, ma anche più consapevole, cosciente che certi mali non li sconfiggi, impari semplicemente a gestirli. Quando gli appartieni, purtroppo, sei destinata a combatterli ogni volta che decidono di farsi sentire. Ci vuole amore, tanto amore per sé stessi, e forza, la stessa che ti porta a mettere a tacere quella voce che ti dice cosa fare e come farla, che ti bisbiglia nelle orecchie mentre ti guardi allo specchio portandoti a non vederti per quello che sei, ma per come ti vede lei. Non basta cambiare angolazione, non serve nemmeno cambiare vestito, non c’entra il peso e nemmeno la taglia che indossi, quell’immagine distorta permane e solo la consapevolezza che quello che hai di fronte è il riflesso di ciò che vede la tua mente e non i tuoi occhi, che ti porta a non crollare. Voi non potete immaginare, ma non so cosa darei per passare un solo giorno della mia esistenza guardandomi con occhi altrui, gli occhi di chi mi vede per quello che sono senza essere condizionato dal resto.
Nelle ultime settimane mi sono assentata. Non sono riuscita più a scrivere niente di lontanamente pubblicabile. Sono stata troppo concentrata su me stessa. La testa confusa, mille pensieri, la penna lasciata sulla scrivania e nessuna voglia di comunicare.
Fino ad oggi ero incerta se rendervi partecipi o meno del perché abbia “abbandonato” per qualche tempo la rubrica, ma poi ho pensato che non c’è nulla da nascondere, che non c’è nulla di male nell’esporre le proprie debolezze, anzi, che è un bene parlarne, parlarne ad alta voce intendo, perché si esorcizzano mettendo da parte il timore di affrontarle e quella di essere giudicati.
Non è la prima volta che accade. Uscire dalla malattia non significa – come tutti pensano – dimenticarla, ma è combattere giornalmente contro qualcosa di impercettibile, ma in un modo o nell’altro presente. Quella brutta sensazione si palesa almeno una volta all’anno ed io ormai la so riconoscere ancora prima che venga a bussare alla mia porta, perché è così che arriva, educatamente, senza irruenza, si avvicina piano, piano, donandomi il tempo di capire, dandomi il tempo di racimolare forza e consapevolezza per poterla combattere. È accaduto nuovamente. È accaduto in un momento di stanchezza, stress, forte preoccupazione, cedimento, come sempre. È accaduto perché non pretendo nulla dal prossimo, ma non sono così tollerante con me stessa, anzi, se fallisco mi arrabbio tremendamente, come se fosse un caso di vita e di morte. È successo perché quando si è più deboli, proprio perché più vulnerabili, non bisogna calare la guardia, ma bisogna armarsi e guardarsi le spalle.
Un giovedì di qualche settimana fa, mi sono svegliata e sapevo che era lì, seduta sul mio letto, accanto a me. Mi sono alzata con quel peso addosso, mi ha seguito in bagno per poi accompagnarmi in cucina; ho aperto il frigo, preso il latte, fatto colazione e contato le calorie di quei cereali. Alt! Campanello d’allarme. Questo non deve accadere, almeno, non a me.
La consapevolezza ha preso il sopravvento prima che il resto potesse soggiogarmi, ma questo non è bastato a scacciare il malessere, almeno, non subito. Per circa tre settimane ho trascorso giorni difficili, presa dallo stato d’animo che solo chi ha un passato da bulimica o anoressica può comprendere. Questo non significa che io abbia fatto dei passi indietro o che sia tornata a mangiare e rimettere ogni pasto della giornata, non significa nemmeno che abbia digiunato o cose del genere. Significa semplicemente che per l’ennesima volta – e non credo per l’ultima – ho dovuto rimboccare le maniche e fare i conti con gli strascichi di un malessere che per un decennio ha assorbito carne e anima, e che ieri, come tante altre volte da quando l’ho allontanato, è venuto a farmi visita.
Ci sono abituata, tutte le volte mi ritrovo ad affrontare il medesimo percorso di guerra. Le mattine diventano difficili da affrontare, alzarsi dal letto la parte più pesante della giornata, la colazione l’inizio di un lungo calvario. Un peso sullo stomaco che rende ogni pasto macigno, ed uno sul cuore per la paura di non riuscire a superare la situazione. Non solo: camminare per strada evitando continuamente lo sguardo della gente e il mio riflesso sulle macchine o nelle vetrine dei negozi. Nessuna voglia di uscire e vedere gli amici, nessuna voglia di parlare. Difficile rapportarmi con il prossimo, anche con le persone che amo, perché in quei giorni nessuno può capirmi, nessuno può aiutarmi se non me stessa. Per guardarsi dentro ci vuole un silenzio spaventoso e soprattutto il tempo che serve per arrivare a capire il perché di determinate reazioni.
Sono stati 20 giorni lunghi e delicati, 20 giorni che difficilmente dimenticherò, ma che con orgoglio potrò unire a tutti gli altri in cui mi sono ritrovata a combattere a mani nude contro sensi di colpa infondati e piccole ossessioni.
Perché ho deciso di raccontarvi tutto questo? Prima di tutto perché sono un’egoista e scriverne mi aiuta a realizzare, rendendomi più cosciente e più forte. In secondo luogo, ne parlo così apertamente perché vorrei che chiunque legga le mie parole, chiunque sappia di cosa si tratta, arrivi a capire che se sono riuscita io ad andare avanti senza tornare indietro, beh, può farlo chiunque altro.
Uscirne non è facile, tutt’altro. Gli strascichi molto spesso portano a fare i conti con il passato e altrettanto spesso bisogna essere pronti ad affrontarli, ma questo non sarà mai più difficile del rimanere vittime dei propri demoni, in solitudine, sbattute al muro dalla paura di reagire per paura di fallire, inconsapevoli che subire è il fallimento e che la voglia di rialzarsi, per quanto possa intimorire, è l’inizio di una battaglia intensa, ma che al suo termine porta a qualche passo dalla luce del sole. Il resto, verrà da sé, arriverà con il tempo e grazie all’amore nei confronti del proprio essere. Ecco, quello è fondamentale.
Siate guerriere e non vittime di voi stesse, ma soprattutto amatevi e fatelo intensamente.
Lo meritate, tutte.
A presto.
Alessandra Crinzi
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