Complessivamente le università romane ospitano circa 70mila studenti fuori sede. Si tratta di un affare da un miliardo di euro, importo che significa economia per la città, ma il 50 percento di queste spese va a coprire i costi degli affitti. Perlomeno da ciò che risulta, infatti è impossibile recuperare i dati sugli affitti in nero. Le stime sono quelle della Uil Lazio e dell’Eures. Cifre importanti che i ragazzi spendono soprattutto nelle locazioni, ad oggi a Roma tra le più esose del Paese.
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La media di un affitto a Roma è di 924 euro
Ovvero circa duecento euro in più della media nazionale. Stimando la condivisione della pigione con almeno un coinquilino la spesa pro capite scende a 462 euro. A tutto ciò vanno aggiunte le spese per le utenze, circa 120 euro mensili, secondo Arera. Ogni studente spende in media circa 1200 euro mensili per tirare a campare. Stiamo parlando dell’equivalente di uno stipendio, e va da sé che non sia alla portata di tutte le famiglie. Anche perché poi non finisce qua: bisogna poi considerare le spese per i libri di studio e i costi universitari. “Cifre notevoli che rappresentano un’entrata non indifferente per l’economia della città e anche una spesa considerevole per le famiglie e quindi uno degli elementi del blocco dell’ascensore sociale” dice il segretario generale della UIL Lazio Alberto Civica, sottolineando che: “Motivo per cui le istituzioni dovrebbero intervenire concretamente sul tema. Come? A partire dalle locazioni degli immobili e delle singole stanze. Non dimentichiamo che gli studenti pagano cifre spropositate anche per un posto letto. Si è molto parlato del caro affitti, ma alla fine non è stato fatto nulla di concreto in merito. Si potrebbe pensare ad esempio alla realizzazione di un albo comunale che acquisisca le disponibilità dei proprietari alla locazione favorendo così contratti regolari e garantiti. La Uil Lazio si mette a disposizione delle istituzioni per offrire un supporto pratico in tal senso“.
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Calo del 9 percento degli iscritti fuori sede presso le università pubbliche
Lo studio della Uil Lazio fa emergere anche che negli ultimi dieci anni gli studenti fuori sede a Roma iscritti presso le università pubbliche è calato del nove percento. Ciò a vantaggio delle università private, soprattutto quelle telematiche. Oltre al ridotto potere d’acquisto delle famiglie, le cause vanno imputate anche al numero chiuso per l’accesso a molte facoltà, dettato da logiche fuori dagli interessi degli studenti. Dice infatti Civica: “Il numero chiuso va assolutamente abolito. Lo ripetiamo da anni e i dati purtroppo ci danno ragione. Il numero chiuso non garantisce equità sociale e libero accesso agli studi per tutti e, volendo fare un discorso prettamente economico, una riduzione del numero degli iscritti significa anche meno entrate e meno soldi per la città. Noi tutti, parti sociali e istituzioni, ci dovremmo impegnare invece per far sì che gli studenti abbiano sempre maggiori possibilità e agevolazioni nel proseguimento del percorso di studi. Parliamo tanto di formazione specialistica e poi ‘li costringiamo’ ad andare all’estero o rivolgersi altrove. Agevolazioni significano canoni sicuri e garantiti, significano niente numero chiuso, ma può significare anche trasporti pubblici gratuiti. Chiediamo infatti al Campidoglio di estendere la gratuità dei mezzi fino al 26esimo anno di età nel caso di universitari residenti o fuori sede“, ha poi concluso.