Coronavirus Lazio, torna come di consueto l’appuntamento settimanale con l’analisi dell’andamento dell’epidemia nella Regione con i grafici e i numeri del Professore Luca Andreassi. «I numeri indicano un crollo vertiginoso di tutti gli indicatori. L’epidemia frena con una velocità superiore al 30% ed ormai abbiamo sfondato anche il muro dei 30 contagi settimanali su 100.000 abitanti», esordisce il docente dell’Università di Tor Vergata.
«Tra tutti, ci fa particolarmente piacere il repentino, finalmente, calo dei decessi. Merito dei vaccini, certamente, ma anche merito nostro che abbiamo imparato a convivere con il virus. Merito anche delle misure, certo. Quelle sane e giuste. Applicate ad aree di estensione limitata, al massimo provinciale, e tempestive. Non certamente di quelle indifferenziate e incredibilmente punitive», aggiunge il docente.
Coronavirus, dati Italia. I modelli matematici proposti si basano sul “tasso di crescita di contagio”. Si considerano inoltre “medie mobili settimanali” per assorbire i dati ridotti della domenica e lunedì quando generalmente si effettuano meno tamponi
Coronavirus Lazio, il punto: «Incidenza da zona bianca»
Guardando al Lazio la situazione segue il dato nazionale e ben presto la Regione – nonostante la necessaria quanto paradossale attesa di tre settimane (una è già trascorsa, ndr) – approderà in zona bianca. L’incidenza settimanale su 100.000 abitanti si attesta di poco al di sopra delle 25 unità ma tutte le Province – tranne Roma – sono già al di sotto di tale soglia.
Ampiamente sotto controllo la situazione negli ospedali. I tassi di occupazione dei posti letto sono entrambi di gran lunga sotto soglia: le terapie intensive sono infatti al 13% (soglia limite fissata al 30%) mentre i posti di area medica sono attestati al 12% contro una soglia di allerta stabilita al 40%.
«I numeri avevano ragione»
Tornando alla situazione nazionale Andreassi precisa: «Non vi nascondo che questi numeri rappresentano per me un sollievo ed una soddisfazione personale. Non ho mai preteso, in questi lunghi mesi, di fare l’indovino. Attestandomi rigidamente a quanto dicevano i numeri».
«In fondo – prosegue il Professore – se guardate la curva rossa che rappresenta la velocità di crescita del contagio, i picchi in crescita si sono verificati principalmente quando abbiamo adottato chiusure indiscriminate e su vaste zone. Ricordiamo i danni delle misure di Natale, di Pasqua, 25 aprile e 1 maggio. Ma Nonostante l’evidenza scientifica e 18 mesi di dati, c’è qualcuno che ancora sostiene che questi eccellenti numeri siano dovuti proprio a queste ultime misure indiscriminate. Ma non ci fate caso. Sono gli stessi che il 29 aprile, in prossimità delle riaperture, teorizzavano che avremmo avuto 1300 morti al giorno per questa improvvida decisione di “riaprire”. Invece oggi siamo a 78 morti al giorno, dato medio su base settimanale. Ed erano 312 quando abbiamo riaperto».
«Vi garantisco che non è stato, anche emotivamente, facile. Non è stato facile fare affermazioni di ottimismo legato ai numeri, quando il pensiero unico era solo “o lockdown o morte”. Non è stato facile andare controcorrente. Oggi possiamo dirlo. Avevano ragione i numeri. Abbiamo fatto bene a fidarci di loro», conclude il Professore.