Fase 2
Dal 4 Maggio siamo entrati ufficialmente nella cosiddetta fase 2 dell’emergenza COVID-19: dopo quasi otto settimane di quarantena l’Italia mette la testa fuori dalla porta di casa.
Le misure di sicurezza sono rimaste invariate, oltre i congiunti che si congiungono, le regole base sono: tenere la mascherina, lavare le mani e non creare assembramenti.
La situazione attuale vede la gente assembrarsi, abbassare la mascherina per bere e/o fumare e, vista la poca distanza fisica, amabilmente toccarsi.
Qualcosa è andato storto, a quanto pare.
La domanda che dobbiamo porci è: la confusione nasce da un decreto poco chiaro o dall’irresponsabilità delle persone?
Competizione da stadio
I mezzi di comunicazione seguono le vicende delle varie regioni come se fosse una gara da vincere, trasmettendo l’immagine di una fantomatica supremazia del Nord; in diversi profili social invece, fanno il tifo stile mondiali di calcio e si azzuffano come nemmeno nelle peggiori curve da stadio, utilizzando come se fossero armi delle foto – più o meno vere – di passeggiatori, sportivi e ragazzi che ballano in strada per tenere in vita i due neuroni semi atrofizzati nelle proprie membra. Si percepisce da un lato un’aria da ‘liberi tutti’: un po’ per euforia, ma si dà anche l’idea sbagliata del ‘non è successo niente’; dall’altra ci si rinchiude per paura puntando il dito contro chiunque un po’ come accadeva ai tempi della caccia alle streghe.
Assuefazione alle emozioni
Assuefare: il termine indica il prendere l’abitudine a qualcosa, e dunque con il passare del tempo, non provare le sensazioni iniziali.
Si tratta di un fenomeno scientifico per cui l’organismo sviluppa resistenza all’azione della droga assunta, in sintesi si abitua, e per avere lo stesso effetto bisogna aumentarne le dosi, fino a perdere la vita per overdose.
Senza cadere in tecnicismi neurofisiologi, l’organismo impara velocemente a smaltire le sostanze, quindi ogni volta bisogna prenderne di più.
Un meccanismo che vale non solo per l’assunzione delle sostanze stupefacenti, ma anche per i farmaci: il mal di testa che non passa con la stessa medicina che abbiamo assunto per mesi, ne è un esempio classico.
Esiste anche l’assuefazione alle emozioni, basti pensare al batticuore del primo appuntamento che sparisce nel giro di tre/quattro settimane di relazione stabile.
La paura non ci fa più paura
Definire irresponsabile l’intera popolazione italiana non è sufficiente a spiegarne il comportamento e sarebbe offensivo per la gran parte di noi.
Proviamo invece a dare un’interpretazione psicologica, evidenziando sia le emozioni che i pensieri delle ultime settimane: la paura e l’incertezza del futuro.
Appare chiaro che a spingerci verso i supermercati svuotando scaffali interi, per poi barricarci in casa sia stata principalmente la paura: di pensieri ce ne sono stati pochi e confusi.
Dunque le azioni sono state attivate dall’emotività, la “pancia” ha preso il posto della “testa”.
Ad oggi si verifica la reazione inversa: la pancia tace, la testa agisce.
In altri termini la paura non ci fa più paura, il nostro organismo si è abituato alle centinaia di morti al giorno – 194 deceduti il 9 Maggio – come se non ci riguardasse più, perché ormai così deve andare.
La immagini dei reparti di terapia intensiva, dei carri militari pieni di bare, la stanchezza dei medici e le considerazioni dei virologi sono stati spettacolarizzati al punto tale da sembrare un film visto e rivisto. Non ci fa più effetto.
Non serve la paura
La politica del terrorizzare la gente non deve essere uno strumento di efficacia governativa, e qui siamo tutti d’accordo.
194 morti forse ci sembrano pochi rispetto agli oltre 900 di qualche settimana fa; è bastato un paziente a diffondere il contagio in tutta la penisola, e allora perché 84.842 positivi ad oggi rappresentano un rischio minore?
In realtà la situazione è molto confusa, e allo stato attuale nessuno può dire quale sia il comportamento più giusto da adottare in termini assoluti – dando per scontato che le misure di contenimento e distanziamento vadano ancora rispettate. Saranno il tempo e l’andamento della curva epidemiologica a darci le risposte.
Non serve la paura per essere responsabili, tutelare la salute deve interessare solo a noi e pensare di mettere nelle mani dello Stato la vita della nostra famiglia non è funzionale alla risoluzione del problema.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno