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Cava dei veleni, arresti domiciliari per 7 persone

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Ricorso respinto solo per 2: Antonino Piattella e suo figlio Riccardo. Invariati i provvedimenti a carico di Patrizio Telesca, per il quale erano state disposte sin dall’inizio le misure non detentive dell’obbligo di firma alla p.g. e del divieto di dimora nel comune di Aprilia (successivamente Patrizio Telesca era stato autorizzato, sempre dal G.I.P. di Roma, a rientrare nel territorio di Aprilia ogni giorno dalle ore 20 alle ore 8, ndr).

Ieri il Tribunale del Riesame di Roma ha confermato la custodia cautelare in carcere per Antonino Piattella, ritenuto dagli inquirenti il capo dell’organizzazione criminale che aveva messo in piedi il traffico di rifiuti, anche tossici, che venivano scaricati nella cava abusiva di via Corta, a poca distanza dalla Pontina, nel territorio comunale di Aprilia. I giudici hanno ritenuto inammissibile il suo ricorso, così come quello del figlio Riccardo, per il quale però è stata annullata la misura per l’impiego illecito di denaro.

Concessi invece i domiciliari a Roberta Lanari, moglie di Antonino Piattella e madre di Riccardo. Ricorso accettato e domiciliari anche per Remo Sestini, Antonio Martino, Stefano Moreschini, Donatella Carnevale, Catia Carnevale e Gianpiero Bernacchi. Ancora più lieve la misura adottata per Paolo Bonci, per il quale è stata disposta la scarcerazione con l’obbligo di dimora nel Comune di Aprilia.

Tutti erano stati arrestati il 27 luglio nel corso dell’operazione Dark Side, che aveva portato alla scoperta e al sequestro della discarica abusiva di rifiuti nella zona del Tufetto, ad Aprilia.
Le indagini erano partite dopo che gli agenti avevano fermato e sequestrato un carico di rifiuti sospetti: mesi di ricerche e appostamenti hanno portato a scoprire un vasto giro di illeciti.
La Questura di Latina aveva monitorato la cava sequestrata grazie anche ai controlli aerei del I° reparto volo della Polizia di Pratica di Mare.

Da quanto risultato dalle indagini, Riccardo Piattella gestiva la cava “a tutto tondo”, dal momento che “oltre a ricevere gli appuntamenti per gli sversamenti dai singoli conferitori, si occupava anche di manovrare personalmente escavatori e trattori stradali per provvedere allo scarico e all’interramento di enormi quantitativi di rifiuti. I predetti erano collaborati – e, se del caso, sostituiti – da Roberta Lanari, moglie di Antonino, che provvedeva sovente ad incassare i compensi per gli ‘scarichi’ illeciti”.
“E’ stato quindi possibile ricostruire la rete di imprenditori coinvolti in qualità di conferitori, molti dei quali operanti proprio nel settore del recupero e dello smaltimento di rifiuti che, in luogo di rivolgersi a canali di smaltimento ufficiali e leciti, si servivano del sito gestito dai Piattella. La descritta attività criminale ha consentito, peraltro, sia agli “smaltitori” che ai “conferitori” di ottenere elevatissimi profitti, successivamente reimpiegati nel circuito economico legale. Infatti, mentre i primi hanno interamente incamerato, sottraendole al fisco, le somme illecitamente percepite per i singoli sversamenti, i secondi, invece, hanno conseguito un considerevole risparmio di spesa, evitando i maggiori costi derivanti dall’osservanza delle procedure previste per lo smaltimento autorizzato di rifiuti”, si legge nella nota stampa diffusa il 27 luglio dalla Questura di Latina, che fa anche sapere quali sono stati i beni sequestrati per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro: 9 società, 11 quote societarie, 37 terreni, 7 case, 8 fabbricati industriali, 7 locali di deposito e 60 tra autovetture e mezzi d’opera aziendali (camion, ruspe, pale meccaniche) e numerosi rapporti bancari, il tutto riconducibile agli indagati, a loro familiari e a prestanome.
Ma non solo: sequestrati anche circa 200mila euro nei confronti delle aziende che illegalmente sversavano i rifiuti nella discarica abusiva.

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