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Carabiniere ucciso a Roma: americano bendato perché «violento». E la foto era «riservata»

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Nuovi sviluppi sul caso di Mario Cerciello Rega, il Vice brigadiere dei Carabinieri di 35 anni ucciso a Roma lo scorso 26 luglio. In particolare è notizia di oggi che la nota foto di Christian Gabriel Natale Hjorth, una delle due persone arrestate per l’omicidio del militare, era stata inviata in una chat whatsapp di soli Carabinieri e non sarebbe dovuta essere pubblicata. Qui viaggiavano, in quei frenetici momenti, foto di spacciatori e sospettati per aiutare le indagini dato che in un primo momento, si ricorderà, si era diffusa la falsa notizia che gli aggressori fossero stati due magrebini, con precedenti per droga. 

Sono questi alcuni dei passaggi tratti dalla memoria difensiva del legale che assiste il Carabiniere autore dello scatto “incriminato”, un maresciallo della caserma di Via In Selci dove vennero trasferiti i due americani arrestati, e che ha fatto letteralmente il giro del mondo sollevando un polverone. Ma non finisce qui. A diffondere lo scatto rendendolo di dominio pubblico, senza alcuna autorizzazione, sarebbe stato però un altro militare, venuto in possesso della foto, che sarebbe già stato individuato dai vertici dell’arma. Ad ogni modo è emerso un ulteriore particolare: il ragazzo americano sarebbe stato bendato perché anche in caserma avrebbe mostrato comportamenti violenti, dando testate al muro e ferendo anche lo stesso Carabiniere accusato per lo scatto a Christian Gabriel Natale Hjorth.

Un provvedimento legittimo e proporzionato agli «strumenti di contenimento» dunque che la situazione richiedeva per evitare che il giovane facesse male a sé stesso o agli altri. Nella memoria difensiva il maresciallo parla poi dell’interrogatorio del fermato che, «come chiaramente affermato dal procuratore generale Giovanni Salvi, si svolse con ogni garanzia di legge». Tanto che nel frattempo il giovane si era calmato e «già da tempo era stato liberato dalla benda». La foto però era già stata scattata e inoltrata digitalmente dal maresciallo – fatto per cui è tuttora indagato – nella chat (credendola riservata e a scopi interni), sia per «rassicurare tutti» che i due erano stati arrestati, sia per «far notare che l’informazione inizialmente fornita dal compagno del vice brigadiere ucciso era totalmente inesatta», dato che gli arrestati erano americani e non magrebini. Di certo, emerge dalla sua difesa, non poteva immaginare che qualcuno potesse «inopinatamente consegnarla alla stampa». A farlo, come detto, sarebbe stato «un altro carabiniere, quasi certamente non partecipante alla chat».

 

 

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