Ipotesi di truffa ai danni degli acquirenti degli appartamenti. E’ questa la novità che emerge dalla vicenda legata agli abusi edilizi in alcune palazzine di Pomezia: il Gip di Velletri ha infatti rigettato la richiesta di archiviazione profilando un’ipotesi di truffa (o tentata truffa, ndr) nei confronti di tre persone, membri del CDA di una delle tre cooperative, l’Antica Lavinium di via Romualdi. che ottennero permessi a costruire irregolari dal Comune di Pomezia; la vicenda, risalente al 2006, si è trascinata fino ad oggi e coinvolse anche l’attuale amministrazione – che, nei fatti, “sanò” la situazione d’abuso – nonché la Regione Lazio.
L’IPOTESI DI TRUFFA
Le palazzine in questione sono quelle site in Via Almirante e Via Romualdi (nove in tutto) e che furono oggetto di permessi a costruire poi rivelatisi irregolari, in quanto davano modo di costruire due piani in più rispetto al consentito, mantenendo però la cubatura prevista dal progetto. In pratica, detto per semplificare, quanto previsto inizialmente non “entrava” in orizzontale, quindi era stato messo in verticale aggiungendo due piani. Nella vicenda alcuni dipendenti comunali finirono indagati a vario titolo, abuso d’ufficio e falso ideologico i reati contestati, per poi essere prosciolti per intervenuta prescrizione.
Ma una diversa sorte potrebbe toccare ai vertici della cooperativa ora sotto gli occhi del giudice: secondo il Gip di Velletri infatti questi ultimi avrebbero fatto pressioni sui querelanti (ammessi nella coop tra il 2006 ed il 2009, ndr) – che, al contrario, sarebbero stati all’oscuro di tutto – affinché acquistassero un immobile non in regola e a un prezzo diverso da quello stabilito dalla convenzione nonché nell’accordo sociale. Ecco allora che l’imputazione a carico delle tre persone risiederebbe nell’aver “dolosamente taciuto le ragioni dell’illegittimità dei permessi a costruire del Comune di Pomezia”.
In pratica, i tre ai vertici della cooperativa avrebbero venduto agli acquirenti tacendo il fatto che il settimo piano era in realtà irregolare.
Il titolo di Repubblica che fece insorgere Fucci: “Pomezia come Bagheria”, al centro gli abusi edilizi
Per questa vicenda, ricorderete, Pomezia venne accostata a Bagheria, città siciliana governata dal MoVimento 5 Stelle, in un articolo del quotidiano La Repubblica. L’autore del pezzo fondò il paragone sul fatto che i due Comuni emanarono delle sanatorie per impedire l’abbattimento di alcune costruzioni abusive.
L’accusa dell’articolo si estendeva anche al governatore Nicola Zingaretti (PD), che avallò di fatto la sanatoria in sede regionale. Dopo l’ordine del Tribunale di Velletri di regolarizzare la situazione, il Comune di Pomezia decise di approvare una delibera con cui si modificavano alcune norme tecniche, sanando, nei fatti, la situazione.
Fucci: “Impossibile abbattere due piani, Comune ha agito nel giusto”
La risposta dell’amministrazione comunale di Pomezia non si fece attendere. In due distinti comunicati, Fabio Fucci illustrò nel dettaglio quanto accaduto in questo delicato caso. Il sindaco attribuì la responsabilità degli abusi alla precedente amministrazione del Partito Democratico, che permise di costruire uno stabile con due piani in più del previsto. La situazione ereditata costrinse, a detta di Fucci, la giunta grillina, insediatasi nel 2013, a modificare gli indici edilizi (in pratica una sanatoria nei fatti anche se il primo cittadino ha sempre respinto questa chiave di lettura), “unica soluzione praticabile per risolvere la questione”. L’alternativa che suggerì Repubblica, ovvero la demolizione dei piani in più, fu giudicata come impraticabile dagli stessi tecnici della Regione, che infatti avallarono la decisione del Comune.
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