Un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini, le Cave di Tivoli, dove esiste ogni genere di miseria. Umana e animale. Da anni le volontarie impegnate in una battaglia senza quartiere recuperano cuccioli e cani adulti lasciati all’addiaccio dopo la chiusura di un campo rom nelle vicinanze. Femmine, soprattutto, per poterle sterilizzare prima che prolifichino di nuovo. Buona parte di essi sono stati tratti in salvo grazie all’abnegazione di donne e uomini che dedicano intere giornate a quella che è ormai diventata per loro una vera e propria missione.
Contro ogni ragionevole titubanza. Tutti, ma proprio tutti, sono stati allertati sul degrado di questo posto. In primis il sindaco che – più volte interpellato per intervenire contro la piaga del randagismo in questa zona – ha sempre mostrato di ignorare la gravità della situazione. E naturalmente la Polizia Locale, le forze dell’ordine, le guardie zoofile, l’Enpa.
Ma nessuno è riuscito a evitare a Mia – pare sia questo il nome della cagnetta di cui, nostro malgrado, ci sentiamo in dovere di raccontare la storia – una brutta morte.
Già la sua vita era stata un calvario. Adottata (ma sarebbe più corretto scrivere “sequestrata”) da un alcolista sbandato affetto da cirrosi epatica all’ultimo stadio, Mia veniva tenuta giorno e notte a catena all’interno di una roulotte maleodorante parcheggiata da tempo di fronte alle case popolari, sulla via dell’Aeroporto. Senza acqua né cibo. Non solo: secondo alcune testimonianze la piccola veniva sistematicamente picchiata da quello che era diventato il suo orco che la costringeva a bere in un grande secchio bianco le sue urine.
Eppure un paio di anni fa era stato fatto un progetto che non solo non è stato accettato dal Comune di Tivoli, ma ha scatenato le ire delle autorità competenti che hanno presentato contro i veterinari e i volontari impegnati nell’iniziativa, una raffica di esposti.
Secondo alcune testimonianze la Asl ha sempre disconosciuto la presenza di questi animali – un centinaio di cani che una volta chiuso il campo rom di Stacchini, hanno trovato rifugio nelle cave. La ASL 5 avrebbe pure fatto pubblicare un articolo sulla stampa locale in cui si dichiarava che il problema era risolto.
L’intero contenuto di quell’articolo era risultato mendace ai volontari che da tempo si occupavano degli animali.
Oggi, però, a distanza di due anni, quel che resta è la notizia certa – rimbalzata ieri attraverso le chat di WhatsApp e i vari profili Facebook – del rinvenimento del corpo senza vita della piccola Mia, probabilmente investita da un’auto di passaggio durante un tentativo maldestro di salvataggio.
E la valanga di accuse tra associazioni e volontari, la minaccia di denunce a chi era stato chiamato a intervenire e non lo ha fatto per tempo, da ieri è inarrestabile. Purtroppo tutto questo veleno non servirà a restituire la vita a quella povera creatura innocente, ignara la piccola Mia (sua, nostra, forse in realtà di nessuno) di quale scempio siano capaci i cosiddetti umani. In un modo o nell’altro le sue sofferenze sono finite. Ed è questa, oggi, l’unica amara consolazione.
Rosanna Sabella