La scuola come unico rifugio. Una 15enne manda a processo i genitori dopo una gioventù di violenze e abusi: il dramma a Ponte Milvio.
I banchi di scuola come zona franca, dove puntualmente si addormentava. Una serranda calata su quello che era l’abisso familiare. La storia di una 15enne cresciuta nell’amarezza, anche nella paura, che ha fatto delle sevizie una brutta abitudine suo malgrado. È successo tutto nel negozio di famiglia.
Posto che la giovane frequentava fin dalla tenera età: un percorso di vita il cui unico tratto comune erano le violenze da parte del padre nel silenzio assoluto della mamma. Una complicità latente durata troppo tempo che non finiva soltanto con gli abusi sessuali. Anche violenze fisiche. Il pretesto erano i voti: troppo bassi secondo la famiglia.
Minorenne abusata in famiglia: genitori a processo
La ragazza doveva impegnarsi di più a scuola, quando non lo faceva scattavano le punizioni corporali. Volto immerso in una bacinella: mani legate e costanti ricatti per evitare torture più pesanti. Una vera e propria escalation della paura. La ragazza arrivava a scuola con tutto questo alle spalle, sommato all’indifferenza generale: urlava, quando ha avuto la forza di farlo, ma le sue grida rimanevano nell’oblio.
Fin quando una professoressa – all’ennesimo addormentamento sul banco – le si è avvicinata e ha chiesto spiegazioni. La giovane le ha raccontato tutto: una vicenda agghiacciante che ha portato la docente a prendere provvedimenti. La denuncia prima e l’iter processuale poi. “Sono stata contenta – racconta la professoressa al Messaggero – di vedere la ragazza riprendere in mano la propria vita. Sorridere risulta difficile per lei, dopo quello che ha subìto. Ora, però, è una ragazza più consapevole e – se possibile – più serena”.
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Violenza familiare: un “peccato Capitale”
I casi di violenza familiare aumentano nel Lazio e nella Capitale. Tre persone arrestate nel breve periodo, tutte fra Casalotti, Sacrofano e Ponte Milvio. Storie come questa rappresentano il lato oscuro delle mura domestiche, accoglienti ma talvolta troppo profonde. Non abbastanza per celare il disagio di una gioventù dilaniata.