Roma, le molestie sul lavoro tornano in primo piano: la diatriba si accende riguardo una vicenda nella Corte d’Appello.
Peccato Capitale. Le molestie sul lavoro sono in aumento, così come le controversie in sede giudiziaria. Il caso della settimana riguarda l’assoluzione di un uomo che avrebbe – secondo le ricostruzioni e la dinamica della vicenda – molestato una dipendente sul posto di lavoro. Il presunto colpevole viene assolto, quindi il caso potrebbe essere archiviato, con una contro-accusa: la ragione dell’assoluzione sarebbe riconducibile alla costituzione della vittima. “Complessata e sovrappeso”, questo riporterebbero le motivazioni del provvedimento.
Iter che viene inevitabilmente ripreso in mano dai PM per fare luce su quanto affermato finora, perchè la sentenza non solo ha fatto discutere, ma nel mirino sono finite le modalità che arrivano a scagionare la persona coinvolta. Si scarica la responsabilità esclusivamente sull’altra persona che sarebbe “colpevole” di aver esagerato nel riportare i fatti.
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La donna, nello specifico, è dipendente di una società esterna che si occupa di accoglienza nei musei romani. Le perplessità dei PM – che discutono in maniera ferma l’assoluzione dell’uomo – vertono sul fatto che con le motivazioni espresse si procede verso quella che in gergo tecnico viene definita una “vittimizzazione secondaria” della donna in questione che, sulle pagine del Corriere della Sera, appellano come Francesca per evitare complicazioni.
Le difficoltà, tuttavia, lei le ha avute in maniera importante e reiterata. L’ha raccontato nelle deposizioni: il suo capo l’avrebbe etichettata con epiteti poco carini, palpeggiandola davanti a tutti dopo essersi posto in maniera rude in più di un’occasione. Il senso di inadeguatezza e imbarazzo ha spesso preso il sopravvento nelle giornate di Francesca. Quello che è un nome di fantasia cela, però, una storia reale in cerca di chiarezza e giustizia.