I contagi all’interno del reparto forneria dell’Ipercoop di Roma Casilino continuano a crescere e sono arrivati a nove. Nell’ipermercato c’è molta preoccupazione – soprattutto tra i lavoratori immunodepressi – e le risposte dell’azienda sono evasive e scocciate. Il reparto in questione è quello della forneria che è promiscuo con il Ricò, il bar della Coop, e questo desta molta apprensione anche per gli avventori della struttura commerciale.
Focolaio Covid all’Ipercoop di Roma Casilino
«Abbiamo inviato la segnalazione alla AslRm2 – dichiara Francesco Iacovone, del Cobas nazionale – Il susseguirsi dei casi ha suscitato il timore che questo focolaio si alimenti in virtù di alcune pratiche che costringono i lavoratori ad un utilizzo promiscuo di attrezzature ed indumenti: A disposizione dei reparti è stata messa a disposizione dalla proprietà una sola giacca termica per entrare nelle celle frigorifere. Questo indumento viene quindi indossato a turno dagli addetti senza che sia prevista nessuna sanificazione o lavaggio tra un uso e l’altro. La stessa pratica è adottata con i dispositivi del reparto forneria; un solo paio di guanti viene utilizzato da tutti gli addetti e non è prevista la sanificazione dopo l’utilizzo. »
«Ci viene inoltre riferito che non viene mai controllata la temperatura dei lavoratori all’inizio del turno – prosegue il dirigente sindacale – ma esiste solo un modulo di autocertificazione solo sporadicamente compilato. Dalla dirigenza Unicoop abbiamo ricevuto risposte evasive e sgarbate e sul tracciamento dei casi, da me sollecitato, ha scaricato la responsabilità sulla Asl di appartenenza. Non è un comportamento responsabile di fronte a questa crisi sanitaria.»
«Unicoop Tirreno ci dovrà parecchie risposte, a partire dal rispetto della legge 81/2008 per la parte che riguarda i Rappresentanti dei lavoratori sulla sicurezza (RLS) che sono in sottonumero e sui quali abbiamo mandato recentemente una diffida con il supporto dell’Avvocato Carlo Guglielmi. Perché la sicurezza sul lavoro, in piena pandemia, non può e non deve essere una scocciatura ma una pratica pervicace.» – conclude Iacovone