Potrebbe finalmente arrivare a una svolta l’omicidio di Simonetta Cesaroni, la 20enne uccisa con 29 coltellate negli uffici degli ostelli in via Poma il 7 agosto del 1990. Le intercettazioni telefoniche, la macchia di sangue trovata sulla maniglia dell’ufficio nel quale Simonetta lavorava, potrebbero rivelarsi davvero preziose nell’individuare l’autore del delitto.
Nelle intercettazioni il nome dell’assassino
Il presunto colpevole, pare sia stato nominato proprio in una di quelle telefonate intercettate. Un giovane poco più che ventenne che conosceva bene il palazzo nel quale si è consumato il delitto. Ma questa sarebbe una pista mai seguita dagli investigatori che, nell’immediato, hanno indagato sul portiere Pietrino Vanacore e sul fidanzato di Simonetta Raniero Busco, assolto in Cassazione, ma non hanno tenuto conto di questa pista. Una traccia che adesso, invece, sta prendendo piede con forza e se confermata porterebbe finalmente alla risoluzione del giallo.
Il sospetto: un uomo che conosceva bene lo stabile
La Dda sembra avere un nome, il nome di qualcuno che quella palazzina la conosceva benissimo, eppure è stato tra coloro che non sono mai stati sentiti. Ma il cerchio sembra stringersi veramente intorno al colpevole di uno degli omicidi più cruenti della storia italiana. Un omicidio che ha lasciato schioccata l’opinione pubblica e per il quale l’ex fidanzato di Simone ha dovuto subire tre gradi di processo, mentre il portiere Pietrino non ce l’ha fatta, si è tolto la vita sotto il peso di indagini che lo hanno schiacciato. Il cadavere del portiere, che era statio anche l’uomo che aveva trovato il cadavere della 20enne, è stato trovato nel mare davanti Marina di Torricella il 9 marzo 2010, in località Torre Ovo, in provincia di Taranto. L’uomo avrebbe dovuto testimoniare qualche giorno dopo nel processo contro Busco, ma evidentemente non se la sentiva.