Criminale senza esserlo, per colpa di una semplice distrazione, di una ladra (vera) e di una burocrazia che non le consente di dimostrare di essere innocente senza sborsare migliaia di euro in avvocati e ricorsi. E senza, oltretutto, la certezza di riuscire a far valere le proprie sacrosante ragioni. Perché a volte lo Stato è cieco e sordo, non vede neanche l’evidente e non ascolta la voce della ragione. E’ una storia allucinante, quella che vede protagonista Lilit, che mostra tutta l’imperfezione e le lacune della burocrazia e del sistema giudiziario italiano. Lilit, infatti, a causa di una piccola distrazione perde i suoi documenti, ma questo la porta non solo a vederle negare la richiesta di cittadinanza, ma addirittura in tribunale, solo perché nessuno finora ha voluto guardare l’evidenza dei fatti. Ma vediamo cosa è successo.
Il furto d’identità
Lilit nasce in Armenia nel 1985, ma si stabilisce in Italia con la sua famiglia da piccolissima. Una sera di settembre del 2010 smarrisce il suo documento di identità a Roma e, la mattina seguente, si reca prontamente ad esporre denuncia presso le forze dell’ordine. Il documento di Lilit però, viene trovato da una persona che ne approfitta e, apponendovi la propria foto, ne falsifica l’identità per delinquere, gettando fango sulla povera Lilit per la quale inizia un vero e proprio incubo burocratico.
La ladra di identità, di origine colombiana e dall’età simile alla nostra Lilit, viene colta in flagranza di reato, subisce la condanna di entrambi i reati commessi, furto tentato in concorso e ricettazione. La cosa più assurda è che a Lilit vengono ascritti anche reati commessi dalla colombiana nel 2008, quindi 2 anni prima che perdesse il documento: un errore dopo l’altro, una spirale dalla quale sembra non esserci uscita.
La condanna a nome della persona sbagliata
Probabilmente un errore di trascrizione degli atti però, macchia ulteriormente il nome di Lilit, che si vede negare la richiesta di cittadinanza italiana dal Prefetto, poiché dalle risultanze dell’istruttoria emerge a carico della stessa, addirittura due sentenze di condanna. Lilit risulta quindi essere una criminale pur non avendo mai commesso nessun reato.
Inizia il calvario di Lilit, che si trova a dover pagare per i reati di qualcun altro, quando la sua unica colpa è stata quella di smarrire un documento, fatto che può accadere a chiunque. Si ritrova a rimbalzare dal Tribunale al quale richiede come prova sia il casellario giudiziale che i carichi pendenti, risultanti ovviamente nulli, alle richieste scritte al Prefetto senza ottenere una risoluzione del caso.
Serve il ricorso al TAR: Lilit è costretta a spendere 4000 euro che non ha
La sua disperazione ovviamente cresce quando le viene notificata un’ultima lettera, nella quale le si chiede, nonostante l’intervento del suo avvocato, nonostante la presentazione di documenti che ne attestano la sua estraneità ai fatti, e nonostante risulti parte offesa nella sentenza, che per poter ottenere la cittadinanza, ha dovuto fare ricorso al TAR. Il costo di questo ricorso ammonta a € 4.000, denaro che la nostra Lilit, pur lavorando regolarmente come odontotecnica ed essendo perfettamente integrata nella società, ha fatto molta fatica a trovare. In più c’è la rabbia di dover pagare per degli errori commessi da qualcun altro. Lilit, come afferma il suo Avvocato nella lettera indirizzata al Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, citando testuali parole “oltre ogni ragionevole dubbio, ha dato prova di aver raggiunto un grado sufficiente di integrazione nella comunità nazionale, desumibile in primis dal rispetto delle regole di civile convivenza, che si evince anzitutto dalla rigorosa e sicura osservanza della legge penale vigente nell’ordinamento giuridico italiano”. La fedina penale di Lilit è impeccabile, contrariamente a colei che le ha sottratto l’identità, macchiandola di reati mai commessi e costringendola a pagarne le conseguenze. Quando Lilit presenta per la prima volta la richiesta di Cittadinanza, autocertificando di non aver mai subito condanne, le viene addebitata anche questa dichiarazione, giudicata falsa, quando in realtà è la vera imputata, che chiameremo Margot con un nome di fantasia, ad aver commesso i reati citati.
L’appello al Prefetto
L’unica speranza che la situazione di Lilit possa sbloccarsi è l’intervento del Prefetto. Basterebbe che guardasse le carte per accorgersi che la donna ha tutto il diritto ad avere la cittadinanza italiana, perché la sua fedina penale è immacolata. Perché farle spendere soldi che non ha per un ricorso al TAR? Perché questa burocrazia inutile e dispendiosa quando l’errore non è suo e lei è solo una vittima a cui lo Stato dovrebbe delle scuse?
Noi della redazione continuiamo a chiedere l’intervento del Sig. Prefetto di Roma Matteo Piantedosi con la speranza che la sua storia possa finalmente venir ascoltata, così come possa essere accolta la sua richiesta di estinzione del reato (mai fatto), dando finalmente giustizia ad una donna che desidera solamente rispettare la legge ed essere rispettata e riconosciuta la sua richiesta di cittadinanza. Ci uniamo all’appello con l’augurio che si possa dare finalmente una svolta a questo disguido burocratico divenuto insormontabile dando un lieto fine a questo calvario e ripulendo il nome di Lilit da ogni macchia addebitata ingiustamente alla sua persona. A settembre di questa storia si occuperà anche “Mi manda Rai 3”: forse l’intervento di un “colosso” riuscirà a smuovere maggiormente le acque, ma perché deve sempre servire la “voce grossa” e non basta mai il semplice buon senso per ottenere quel che spetta di diritto?
Daniela Corrao