Roma. Scattata un’inchiesta da parte della Procura capitolina per far luci sui contorni di una vicenda che appare alquanto torbida e poco chiara. Al vaglio delle autorità la rete di compiacenze, analisti, psichiatri, medici e titolari di alcune comunità terapeutiche, sulle quali possono contare alcuni detenuti così da evitare la reclusione in carcere o uscire dalla galera. Oltre all’inchiesta da parte della Procura, è scattata anche una serie di controlli sulle strutture alternative alla detenzione.
L’escamotage usato dai boss
Come riportato dal Messaggero, sono oltre 20 i boss che negli ultimi anni sono riusciti ad ottenere di scontare gli arresti domiciliari in queste strutture e la scelta ricade sempre sulle stesse tre o quattro. Sarà un puro caso? Così i boss si ritrovano liberi di stipulare nuove alleanze e sodalizi che le forze dell’Ordine avevano faticosamente smantellato. Nonostante molti di loro non abbiamo fatto uso di stupefacenti, riescono comunque a farsi certificare una presunta tossicodipendenza sulla base di analisi spesso truccate. Inoltre non tutti possono permettersi di pagare la retta, eppure molti di loro, non si sa con quali entrate, versano in contanti anche oltre 2mila euro.
Le strutture
Una delle strutture maggiormente ricorrente in questo giro di affari è la comunità “Il Merro” di Palestrina. Quest’ultima ha ospitato criminali di un certo livello quali ad esempio: alcuni esponenti dei Casamonica, del clan Moccia, “Il Barboncino” che è deceduto al suo interno lo scorso marzo ed ancora Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik e numerosi altri. Insomma, la struttura appare alquanto frequentata e non nuova ai fatti descritti pocanzi. Ora starà alle indagini effettuate dalla Procura cercare di fare chiarezza sui fatti cercando di mettere definitivamente la parola fine alla vicenda i cui contorni sono, attualmente, poco chiari.
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