Diffusi i dettagli in merito alla maxi operazione che ha portato al sequestro di beni per un valore di circa 1,8 milioni di euro – tra cui auto ed immobili di lusso – ai danni di un clan criminale di etnia rom. Nel corso delle operazioni è stata arrestata la mamma del ragazzo morto due anni fa sul GRA.
Un’operazione importante, ribattezzata “Gialla e Nera“. Un blitz eseguito congiuntamente dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza: nel mirino un’organizzazione criminale di etnia rom i cui esponenti, imparentati tra loro, avevano incentrato i loro affari dividendosi, tra gli altri, tra furti e rapine in abitazioni, truffe agli anziani e riciclaggio.
Davvero ingente il sequestro di beni eseguito ai fini della confisca, emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Roma – Sezione delle Misure di Prevenzione-, su proposta formulata congiuntamente dal Procuratore della Repubblica di Roma e dal Questore di Roma, pari a circa 1.8 milioni di euro. Auto di lusso, tra cui Mercedes, Lamborghini e Porsche, ville e altre disponibilità dall’alto valore economico: tutto confiscato e sottratto al clan.
Il maxi sequestro
Il provvedimento è stato eseguito dagli uomini della Divisione Anticrimine della Questura di Roma e del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Sotto sequestro complessivamente sono finite la totalità delle quote sociali di 2 compagini e di un’impresa individuale con relativi complessi aziendali, operanti a Roma nel commercio di veicoli e bar, nonché 4 immobili – tra cui una villa di notevoli dimensioni – polizze di pegno, disponibilità finanziarie e 6 autovetture di elevato valore economico.
Tra queste una Porsche Cayenne, una Mercedes AMG A45 S nonché una Lamborghini Gallardo. Quest’ultimo veicolo, attualmente, nella formale titolarità di un esponente di altro clan collegato, anch’egli di origine sinti e tratto in arresto nell’ambito di un recente omicidio che è costato la vita ad un giovane minorenne. Il valore complessivo dei beni in sequestro ammonta a circa 1,8 milioni di euro.
Le indagini: come era organizzato il clan
Le indagini hanno permesso di ricostruire la storia di un clan profondamente radicato sul territorio. Basti pensare che due dei soggetti coinvolti, pur essendo certamente fratelli, riportano cognomi differenti in quanto il loro padre, dagli anni ’70 del secolo scorso e fino al primo decennio del XXI secolo, obbligava italiani a riconoscere la paternità dei figli dei componenti della banda, nati dall’unione di persone dell’ex Jugoslavia, affinché i bambini risultassero cittadini italiani, permettendo alle madri di richiedere i permessi di soggiorno per i ricongiungimenti familiari.
I soggetti, rimasti illegalmente nel territorio italiano, grazie a documenti che ne attestavano falsamente la cittadinanza, si sono stabiliti prima nel basso Lazio e, successivamente, si sono insediati nella Capitale suddividendosi gli affari illeciti con altro clan sinti collegato. Quest’ultimo, si dedicava prevalentemente al traffico di sostanze stupefacenti, mentre quello a cui appartengono i componenti della banda finita nel mirino delle forze dell’ordine, a furti e rapine in tutta Italia. Non solo. Il gruppo era molto attivo nel “ramo” della fabbricazione di documenti falsi per circolare liberamente in Europa, con la possibilità di godere dei beni illeciti attraverso le fittizie intestazioni. Altra attività criminale, di rilievo transnazionale, appannaggio del clan, era infine il riciclaggio e la ricettazione di automobili di grossa cilindrata, provenienti dall’Italia e rivendute in vari Paesi europei e in Arabia.
Rapine e truffe agli anziani: le trasferte criminali della banda
Le plurime indagini condotte nei confronti dei proposti hanno evidenziato, con riguardo ai furti, alle truffe ed alle rapine in appartamenti, l’organizzazione di vere e proprie trasferte criminali – con noleggio di autovetture mediante l’esibizione di documenti falsi – soprattutto verso piccoli centri abitati della Calabria, della Basilicata e della Sicilia. Luoghi in cui, perlopiù le donne del gruppo, si introducevano indebitamente nelle abitazioni di persone anziane approfittando della momentanea distrazione delle stesse, utilizzando scuse e stratagemmi di varia natura, costituiti, quasi sempre, dal fingere che una di esse era in stato di gravidanza ed aveva bisogno di utilizzare il bagno.
A questo punto, mentre alcune malviventi, nel frattempo sopraggiunte, accerchiavano la vittima, altri complici si introducevano all’interno dell’appartamento per sottrarre oggetti preziosi, denaro, carte bancomat, carte di prelievo dei libretti postali, con i relativi Pin. Conseguentemente, si allontanavano dal luogo del furto dirigendosi verso altri centri abitati ove effettuavano prelievi di contante dagli sportelli Bancomat, utilizzando le Carte indebitamente sottratte alle persone offese.
I raggiri online: i trucchi utilizzati
Ma non è tutto. Con riguardo, invece, alle truffe informatiche, le vittime, dopo aver pubblicato annunci di articoli in vendita su una nota piattaforma di e-commerce, venivano contattate da finti acquirenti, i quali proponevano loro, come modalità di pagamento, il c.d. prelievo S.O.S. (Servizio che in una situazione di emergenza permette ai correntisti di autorizzare soggetti terzi al prelievo di contante presso gli ATM) e le convincevano a recarsi presso ATM di alcuni Istituti di credito per ricevere l’accredito della somma pattuita.
Una volta inserita la propria carta i malcapitati venivano istruiti telefonicamente a compiere alcune procedure, a seguito delle quali, anzichè ricevere denaro, ricaricavano inconsapevolmente le carte Postepay dei malviventi. Dalle indagini è emersa la sistematicità e la professionalità di tali condotte criminose, per la cui realizzazione il gruppo si avvaleva di numerosissimi intestatari fittizi per le utenze telefoniche e per le carte postepay, nonché di una schiera di giovani soggetti incaricati dei successivi prelievi presso gli sportelli ATM.
Tali gregari, nella circostanza, venivano letteralmente “telecomandati”, dalla odierna proposta, tramite le App di messaggistica Whatsapp o Telegram, ricevendo indicazioni e screenshot delle carte da utilizzare che, in linguaggio convenzionale, venivano indicate con i nomi “Gialla” e “Nera” (da qui il nome dell’operazione, ndr) nonché dei pin da associare e delle somme da prelevare. Tale operatività, freneticamente ripetuta anche nell’arco di poche ore e presso diversi sportelli, spesso abbinata all’intestazione allo stesso soggetto di più carte, ha consentito di movimentare volumi finanziari significativi.
La morte del ragazzo sul GRA nel luglio 2022: arrestata la madre
A margine delle operazioni è emerso anche un ulteriore particolare. Il clan infatti era stato oggetto di clamore mediatico in seguito all’incidente stradale, accaduto la notte tra il 18 ed il 19 luglio 2022, sul Grande Raccordo Anulare (in prossimità dell’area di servizio Casilina Est), nel corso del quale, al termine di una folle corsa, a bordo di una costosa AUDI R8, perse la vita il giovane figlio di uno dei soggetti del sodalizio criminale.
Per commemorare la sua morte era stato realizzato, ricorderete, anche un grande murale mentre divennero virali le immagini dello sfrecciare delle Ferrari all’interno del cimitero. Ebbene oggi, nel corso del sequestro, abbiamo appreso, è stata arrestata anche la madre della vittima in quanto doveva espiare una pena a 5 anni per reati contro il patrimonio. Per quanto riguarda invece la villa sequestrata menzionata in apertura, situata a Tivoli, quest’ultima era stata adibita a camera ardente per la salma del giovane deceduto.
“Soggetti socialmente pericolosi, elevato tenore di vita a fronte di redditi dichiarati irrisori”
Ricapitolando il tutto dunque, sulla base delle approfondite investigazioni economico patrimoniali svolte dagli specialisti della Divisione Anticrimine della Questura romana e del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, che hanno ricostruito la posizione fiscale e tributaria dei soggetti, il Tribunale di Roma ha ritenuto ricorrenti gli elementi per qualificare socialmente pericolosi due proposti. Evidente il nesso tra le loro condotte illecite e l’accumulo di ingenti proventi, reinvestiti, in parte, in società esercenti attività di rivendita di veicoli e bar in Roma e, in parte, nell’acquisizione di proprietà mobiliari, immobiliari e in polizze di pegno.
Da tali indagini, che hanno abbracciato l’arco temporale di oltre un ventennio, è emerso che essi, a fronte di un’assoluta sproporzione tra la complessiva situazione reddituale “dichiarata” e il patrimonio direttamente o indirettamente loro riconducibile, effettuavano importanti investimenti mobiliari, immobiliari e partecipazioni societarie, finanziati attraverso gli introiti derivanti dai predetti traffici illeciti, conducendo un elevato tenore di vita, assolutamente incompatibile con l’assenza di redditi dichiarati.