Rivedere le procedure di soccorso ai pazienti. E’ questo l’appello lanciato dal Sindacato UGL Salute Lazio per segnalare le difficoltà incontrate quotidianamente dagli operatori sul campo. In particolare nel mirino della sigla Sindacale ci sono le disposizioni circa le modalità d’intervento che prevedono il trasporto della persona non al primo Ospedale disponibile, bensì al primo disponibile ad accoglierglielo. Perdendo però così tempo prezioso in alcuni casi.
Massimiliano Scermino di Ugl Salute Lazio per Ares 118
“Quando i pazienti chiamano per chiedere il soccorso l’infermiere arrivato sul posto con l’ambulanza, che non è un medico e pertanto non può fare diagnosi, alla prima visita obbligatoriamente deve contattare la C.O. del 118 per sapere dove porterà il paziente“, ci spiega Massimiliano Scermino, di Ugl Salute Lazio.
Non sempre infatti le ambulanze viaggiano con il medico a bordo e in questi casi tutta la responsabilità grava sull’autista del mezzo e sull’infermiere. “Oltre al disagio che si crea ai parenti dei pazienti oltre che al paziente stesso, sempre l’infermiere si deve preoccupare di ragionare insieme ai colleghi della centrale operativa quale Pronto Soccorso disponibile sia al momento della valutazione disponibile, quello, dunque con meno blocchi, quello praticamente con meno concentrazione di pazienti”.
Nelle scorse ore, per fare un esempio esplicativo, un paziente soccorso nella zona delle ‘torri’ a Roma Est è stato portato al San Giovanni, ovvero ad oltre 31km di distanza.
“Siamo abituati a vedere incidenti stradali ogni giorno nel nostro lavoro, siamo abituati anche a vedere persone sofferenti che devono essere viste nei pronto soccorso più adeguati ed il prima possibile – aggiunge Scermino – ma dobbiamo preoccuparci ed ancora purtroppo denunciare quanto accade al servizio del 118 con riferimento a queste procedure di rinnovo sulla destinazione dei pronto soccorso in emergenza”.
Le battaglie del Sindacato
La riforma del sistema di gestione delle urgenze è solo una delle tante battaglie portate avanti dalla sigla sindacale. Interventi e appelli, rimasti purtroppo spesso inascoltati, sono stati chiesti per risolvere il problema della mancanza dei posti letto, che costringono le Ambulanze a sostare per ore nei pronto soccorso considerando che i pazienti restano sulle barelle, alle condizioni generali di lavoro, con turni massacranti, fino ad arrivare alle continue aggressioni subite dal personale medico. Insomma, un quadro sempre più allarmante che lo Stato non può più ignorare.
Francesca Pezzoli, Dirigente Medico Ares 118
(Aggiornamento) In risposta al nostro articolo, che ha scatenato un acceso dibattito, abbiamo ricevuto il contributo della Dr. Francesca Pezzoli, dirigente medico Ares118, che riportiamo di seguito.
“Concordare l’ospedale di destinazione con i professionisti altamente e parimenti formati della centrale operativa (dove, si è obbligati a ricordare per necessità evidente, è sempre disponibile un medico emergentista con numerosi strumenti culturali ma anche tecnologici per collaborare con gli infermieri), significa responsabilizzare il professionista del territorio, un infermiere in questo caso, del suo ruolo: il paziente non deve essere meramente trasportato nel primo pronto soccorso disponibile ma nel nosocomio più corretto per la diagnosi ed il trattamento della sua patologia affinché nei Dea afferiscano i pazienti meritevoli di cure intensive e nei PS i pz affetti da patologie a bassa intensità”.
“Si rende necessario ricordare che l’emergenza è soltanto la prima parte di un progetto incentrato sul paziente e che, insieme ad ospedali ed al territorio, è parte integrante della presa in carico dei pazienti nelle fasi pre e post criticità. Se vogliamo una sanità performante dobbiamo comprendere la necessità di utilizzare le risorse nel modo più corretto. L’imbarazzante demagogia di questo articolo non è altro che la limpida espressione di una mentalità arcaica che delegittima in modo imbarazzante i professionisti della emergenza”.