La Procura della Repubblica di Roma è pronta a chiedere il rinvio a giudizio dei dipendenti Ama che invece di svolgere il loro lavoro o andavano in depositi nascosti per rubare il carburante e rivenderlo oppure d’accordo con il proprio benzinaio di fiducia prosciugava le carte prepagate che erano destinate al rifornimento di mezzi aziendali. Sono diversi i capi di imputazione ipotizzati, per ai primi viene contestata l’associazione a delinquere e il peculato, ai secondi la ricettazione. Tutto è in mano al giudice dell’udienza preliminare che il 23 febbraio sarà chiamato a decidere sull’eventuale rinvio a giudizio degli indagati.
Ogni netturbino svolgeva un compito preciso nell’organizzazione
Le indagini hanno appurato che i furti di carburante avvenivano in via di Lunghezzina, in un’associazione di tiro a Volo, a seguire è stato accertato che anche un deposito in via Sannita e un altro in via della Tenuta del Cavaliere, erano destinati al medesimo scopo. Secondo il magistrato inquirente, ogni componente del gruppo aveva un compito specifico: c’era chi stabiliva come bisognava operare, chi decideva a chi bisognava vendere il carburante e chi svolgeva la manovalanza svuotando i serbatoi dei mezzi Ama e poi c’erano gli acquirenti anche loro per niente estranei a quanto succedeva. Tutti fatti che si sarebbero verificati tra febbraio e maggio 2011.
Ma ovviamente, impegnati in tutt’altre attività i netturbini erano impossibilitati a svolgere il proprio lavoro e, quindi, per giustificarsi danneggiavano i furgoncini. Le indagini, però sono state attente e dettagliate e sono emersi anche altri particolari. Alcuni dei dipendenti Ama utilizzavano le tessere prepagate con la complicità del benzinaio di fiducia, sottraendo così gasolio, altri invece le utilizzavano per fare il pieno alle proprie auto. Insomma un vero e proprio giro di affari sul quale il gup sarà chiamato a pronunciarsi analizzando la posizione di ciascuno degli indagati.