Roma, badante ucraina rapinava le anziane con il sonnifero, condannata a 5 anni di carcere. Riformulato un capo di imputazione da rapina a furto e sarebbe stato escluso il nesso tra la morte di una delle vittime e la somministrazione di benzodiazepine. Tutti i particolari.
Vittime fatte addormentare e poi ripulite dei propri averi. Si è celebrato dinnanzi al Tribunale di Roma con la scelta del rito abbreviato il processo che ha portato alla sbarra una badante ucraina, tratta in arresto con l’accusa di aver commesso due rapine aggravate realizzate a Roma con l’utilizzo di un farmaco narcotizzante somministrato ai danni di anziane signore dove la stessa lavorava.
Un caso che aveva fatto molto scalpore, soprattutto perché una delle anziane derubate era in seguito deceduta. Ad ogni modo, durante l’udienza, il Pubblico Ministero ha chiarito che è ancora in corso un ulteriore filone dell’indagine concluso da poco e che porterà ad un altro processo ai danni della signora Ucraina che attualmente si trova in custodia cautelare in carcere a Rebibbia. Intanto è arrivata la condanna: 5 anni di carcere.
Le indagini
L’indagine nasce da un intervento effettuato il 25 marzo scorso da personale del Commissariato Tuscolano presso l’abitazione di un’anziana donna su richiesta della nipote preoccupata per aver trovato la familiare in uno stato di “profondo sonno”, quasi comatoso. L’indagine coordinata dalla Procura capitolina e nello specifico dal dott. Claudio Sant’Angelo, ha permesso in breve a risalire all’identità della donna consentendo di dare anche una svolta ad una precedente attività investigativa per la stessa tipologia di reato perpetuato ad Ostia, con identiche modalità, il 2 luglio scorso.
Gli inquirenti hanno scandagliando tutta la vita dell’indagata e le condotte a lei ascrivibili acquisendo una corposa documentazione ed autorizzando, una volta tratta in arresto anche le intercettazioni in carcere relativamente ai colloqui con la figlia. Grazie agli elementi raccolti e a molteplici testimonianze ed a varie perizie mediche, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, ha emesso il fermo a carico della donna rintracciata presso l’abitazione di un’anziana di 91 anni, dove era stata assunta da poco come badante.
Il processo e la condanna
Come anticipato nei giorni scorsi l’udienza per il processo a carico della signora era stato fissato per venerdì 22 dicembre. I lavori, come da programma, hanno preso il via intorno alle 12.30 e si sono conclusi dopo circa 4 ore. Pubblico ministero e difesa si sono confrontati su tutte le dinamiche contestate alla donna. In aula anche la nipote di una delle due anziane donne rapinate poi deceduta.
Il Gip-Gup ha infine emesso la sentenza condannando la donna a 5 anni di carcere. Il Giudice tuttavia si è riservato di valutare la richiesta della difesa di gradare la misura cautelare del carcere con un’altra misura, sebbene la Procura abbia espresso parere contrario. Disposta anche la distruzione del materiale sequestrato mentre la refurtiva non è stata trovata.
Accolte alcune tesi della difesa
Accolte in parte le tesi della difesa che si è soffermata sulla riformulazione delle contestazioni da rapina a furto, specie nel secondo episodio contestato ad Ostia. Inoltre, da quanto si apprende, stando agli esami tossicologici e clinici, sarebbe emerso come la morte di una delle vittime della rapina non sia riconducibile alla somministrazione di un medicinale non dovuto.
“Attendiamo motivazioni sentenza”
“Le motivazioni della sentenza con il nuovo anno dove la difesa già annuncia di presentare ricorso in appello.
Il quadro indiziario frammentario a carico della signora – spiega l’Avvocato Castorina – ci ha portato a raggiungere un primo importante risultato nella riqualificazione di una delle due contestazioni comminate da rapina a furto che di fatto riducono in modo considerevole la pena edittale”.
“Riteniamo necessario leggere le motivazioni della sentenza per valutare il ricorso in Appello specie in relazione al primo episodio contestato dove la ricostruzione dei fatti per la difesa è totalmente opposto a quella che è stata la tesi della pubblica accusa. La certezza granitica – conclude l’Avv. Castorina – è che la morte di una delle anziane donne non sia connessa in alcun modo a condotte dolose o colpose della cliente già di per se ha aggiornato e mitigato l’intero impianto accusatorio che originariamente aveva descritto una realtà che invece si è scoperta diversa”.