I porci comodi: la nuova frontiera della prostituzione. Inganni, dubbi e ricatti nella Capitale. Un viaggio fra trasgressione e necessità.
Il display si illumina, è lui. Il cuore si ferma: mille pensieri prendono il posto delle certezze. Un solo obiettivo, portare a casa la serata senza che succeda niente. I rischi ci sono, ma la stasi è molto peggio: questo pensa Paola, 25 anni, neolaureata e desiderosa di avere un futuro agiato. I soldi, forse, ancora non bastano: il lavoro c’è, ma a singhiozzo.
Quindi l’idea: vendersi. Dare il proprio corpo in pasto a uomini desiderosi, ma senza essere sfruttata. Comanda lei: offre, dà, toglie. Garantisce, protegge e tutela il suo essere dalla voglia matta dell’interlocutore. Questa è la nuova frontiera della prostituzione: nessuno sfruttamento, ma ansia e scelte obbligate. Il piacere, per alcuni, diventa un espediente per sopravvivere. O pensare che non sia già tutto deciso.
I porci comodi, l’altra faccia della prostituzione
Come Paola – nome di fantasia – tanti altri uomini e donne che decidono liberamente di svestirsi e indossare i panni di coloro che credono o possono dettare le regole del gioco: incontri clandestini, ricatti, pretese, chat. La cattiveria sembra solo una condizione di comodo, per non sembrare inadeguati e sentirsi all’altezza di una situazione nuova e inevitabile: concedersi per non consentire alle necessità di avere la meglio.
Bollette, scadenze, figli o semplici sfizi. Tutto deve essere possibile, finché c’è qualcuno disposto a pagare. Il corpo come nuova merce di scambio. Nessuno scopre l’acqua calda, ma di caldo ci sono i nuovi canali in cui la prostituzione sorda si aggira. Niente più fermate, soste o look stravaganti. La normalità cela quel che sembra impossibile.
Tre mesi nella Capitale, fra Via Ostiense, Testaccio e Trastevere. Altrettanti hotel, alberghi a ore, taciti complici di un’industria sommersa che porta qualcosa a chiunque. Rigorosamente in nero, che sta bene su tutto: un giro da 25 milioni solo a Roma, 315 le denunce contro ignoti. Un mese diventa terreno fertile per conoscersi, quello dopo per approfondire e l’ultimo per sottrarre tutto ciò che resta. Forse anche la dignità.
Seduzione e inganno negli hotel della Capitale
Quando non basta un tacito accordo, si passa alle “estorsioni pianificate”: ricatti indotti, bluff costanti, dubbi insinuati per indurre la persona a pagare. Inizia tutto come una frequentazione normale, dopo il terzo incontro le prime somme. Fino a vuotare il sacco: “Dammi i soldi, ho filmato tutto, lo dico a tua moglie”. O anche a tuo marito, perchè sì, c’è la compravendita omosessuale. Lo scambio di corpi e denaro non ha pregiudizi, solo presagi. La differenza la fa l’atteggiamento: se vedono che l’utente è disposto, si manifestano subito. Altrimenti inizia la frequentazione, cresce l’illusione e poi la batosta: una campana sorda in mezzo al nulla. Quel che rimane di un sogno finito troppo presto.
Anna (anche questo nome di fantasia) si racconta a LaRustica, perchè è lì che è rimasta con le sue paure: “Io non credevo si arrivasse a questo punto. Ci siamo conosciuti su un’app di incontri. Una di quelle che si vedono alla televisione. Sembrava un rapporto normale, ma mi ha portato via tutto. Ho impegnato persino la fede di mio marito. Ormai defunto. Credevo di poter ritrovare un sorriso dopo tanto dolore”. Alla domanda: “Perchè non ha parlato con i figli?”, la risposta è una sola: “Mi vergognavo”.
Il peccato e la vergogna. Ma stavolta non è fiction, è tutto vero. Donne e uomini depredati delle loro certezze perché caduti nella rete di chi vende qualcosa che non sempre espone immediatamente. Come il Dirigente Rai di cui si parla in queste ore, finito nella trappola di una escort. Gli interessi del resto fanno più male. Lo sa bene Ivan, 32 anni e un’omosessualità non dichiarata: la fidanzata come copertura e la frequentazione parallela di Domenico. 43enne navigato che sembra essere la soluzione. È solo l’anticamera della tragedia: 10mila euro sfilati, tra regali e cene fuori, con l’aggiunta di extra per poi sparire. Lo chiamano ghosting, ma è truffa. La denuncia contro ignoti è il passo successivo, ma ormai non basta più.
Le app di incontri aprono cuore e portafoglio
Uno sguardo anche dall’altra parte della barricata, con Gemma (nome inventato) che a 28 anni ha scelto il “mestiere” – lo chiama così – grazie a OnlyFans: “Ho iniziato a caricare le foto del culo, come fanno le mie coetanee, ma poi ho capito che non mi bastava più. Si possono fare più soldi con un rapporto, non sapevo come andare avanti. Ho provato a dare il mio numero a qualcuno, all’inizio ho avuto paura, ma poi quando ho visto che la gente ci stava non mi sono fatta scrupoli”.
Senza scrupoli nemmeno quando si tratta di riscuotere, perché se non si riesce a convincere qualcuno con la sincerità, allora meglio far credere altro per poi sferrare il colpo finale: “Alcuni li ho ricattati anch’io, ho fatto credere di volere una storia, ma miravo al portafoglio. Quando l’hanno capito hanno provato a denunciarmi, ma erano situazioni troppo compromettenti. A noi ci salva il limite e la sopravvivenza“.
Una lotta senza quartiere, spesso fra poveri, che usa il sesso come grimaldello verso gli effetti personali. Vera e propria aspirapolvere carnale nel sottobosco della compravendita di prestazioni che nasconde anche tanti sotterfugi. Al momento sono più dei tabù. Il mestiere più antico del mondo cambia pelle, ma conserva le cicatrici. Da una parte e dall’altra. Due facce della stessa medaglia opaca fatta di necessità, poca virtù, e trasgressione.