Valeria Fioravanti, dipendente di Aeroporti di Roma, è morta a soli 27 anni per una meningite batterica. I familiari sono distrutti dal dolore e dall’impotenza di non aver potuto fare nulla per salvare la vita della giovane mamma che nonostante sia ricorsa alle cure di 4 ospedali romani è morta.
Il papà di Valeria, Stefano, un vigile del fuoco in servizio a Frascati, non si dà pace. “Spero soltanto che sia fatta giustizia per mia figlia. Era sana, bella come il sole, con una pupetta di 15 mesi. Cosa dico adesso a mia nipote? Il compagno di Valeria è distrutto. Ci hanno uccisi”.
Papà Stefano racconta il calvario di Valeria
Il decesso di Valeria è arrivato al termine di un calvario andato avanti per due settimane e nato da un stupidaggine: un pelo incarnito sotto un’ascella che il suo medico curante le aveva consigliato di far incidere. E così ha fatto la 27enne “Il 25 dicembre è andata al pronto soccorso – racconta Stefano in un’intervista a Repubblica -. Le è stato rimosso quel foruncolo e le sono stati applicati due punti di sutura. Già il giorno dopo si è resa conto che c’era un’infezione, che ha iniziato a disinfettare normalmente, come facciamo tutti, con quello che aveva in casa, con acqua ossigenata. Nel giro di due giorni ha però iniziato ad avvertire forti dolori alla schiena e alla testa, nausea e problemi alla vista. Andava sempre peggio. Ha utilizzato della Tachipirina, ma niente. Stava male ed è iniziato l’iter dei pronto soccorso”.
Il dolore continuo la preoccupazione hanno spinto la giovane mamma a rivolgersi a un altro ospedale. “Le hanno prescritto degli antinfiammatori e l’hanno mandata a casa dice ancora il papà di Valeria -. Lei non stava bene, è tornata insieme a mia moglie e l’hanno cacciata via. Le hanno detto che stava esagerando con i dolori e che avrebbero chiamato i carabinieri. Io non c’ero. Mia figlia, spaventata, ha detto alla mamma di portarla via. Stava malissimo. Mi diceva: papà, mettimi le mani in testa, ti prego, mi scoppia. Ho provato a tranquillizzarla, ma poi mi sono detto che non poteva andare avanti così e l’ho portata a un altro pronto soccorso”.
In questa occasione “le hanno detto che aveva una protrusione alla schiena, le hanno dato dei farmaci e prescritto un collare. Non riusciva a camminare. Ha voluto dormire a casa mia, nel letto insieme alla mamma, e il 6 mattina, dopo che era tornata nella sua abitazione, mi ha chiamato il compagno, dicendo che non riusciva neppure a parlare. L’ho riportata in ospedale, si sono decisi a fare un esame del liquor e hanno scoperto che aveva la meningite”.
La famiglia della giovane mamma chiede: ‘giustizia’
Una scoperta devastante per i familiari che non hanno più potuto vedere Valeria entrata ormai in coma e trasferita nella terapia intensiva di un altro presidio ospedaliero capitolino, dopo aver atteso che si liberasse un posto. Nell’ultimo nosocomio “le hanno subito applicato un drenaggio alla testa, ci hanno detto che era molto grave e che sicuramente sarebbe andata incontro alla morte. Non volevo crederci. Abbiamo campeggiato 4 giorni in sala d’attesa, ogni tanto citofonavamo per sapere come stava. Poi ci hanno detto che era morta”. Adesso l’unica cosa che la famiglia di Valeria chiede è “giustizia. Non si può morire così”.