Una furia omicida che non ha guardata in faccia a nessuno quella che è esplosa in un appartamento del quartiere capitolino di Primavalle lo scorso 28 giugno. L’omicidio della ragazzina 17enne Michelle Causo, accoltellata e il cui corpo è poi stato gettato in un sacco dell’immondizia, ha lasciato tutto sgomenti e indignato l’intero quartiere. Ora, l’assassino della giovane ha sempre accusato la ragazza di aver impugnato una pistola e di averlo minacciato per una droga e piccoli debiti rimasti insoluti.
Michelle Causo, il killer 17enne trasferito in carcere nel Nord Italia “Ragioni di sicurezza”
L’omicidio di Michelle Causo e la verità sulla pistola
I giorni passano ma le indagini sull’efferato delitto non si fermano. Rispetto a quest’ultime, stando alle prime indiscrezioni che emergono dalla consulenza tecnica sull’arma, sulla pistola non ci sono le impronte digitali della vittima. L’arma è risultata essere giocattolo, contingenza che smonta la tesi del ragazzo e che fa emergere l’interrogativo circa le motivazioni alla base del delitto. Elemento che appare tutt’altro che marginale in quanto il minore – nel corso dei due interrogatori – si era difeso in maniera piuttosto ostinata, accusando, per l’appunto, la giovane di avergli puntato l’arma che ha ingenerato in lui la violenta reazione.
I nodi da sciogliere
Tesi la sua che, tuttavia, non ha mai convinto gli inquirenti, la procura dei minori e la polizia e che induce adesso a percorrere nuove strade. Tanti, dunque, gli amari interrogativi ancora da sciogliere che caratterizzano la vicenda. Interrogativi sui quali, ora vogliamo far luce non sono gli inquirenti ma anche i genitori della vittima. Risposte che la procura dei minori spera di ottenere previo l’analisi dei cellulari dall’assassino e della stessa Causo.
Il trasferimento del killer in un altro carcere
Ieri, intanto, il ragazzo è stato trasferito dal carcere minorile di Casal del Marmo di Roma ad uno del Nord d’Italia. Trasferimento disposto al fine di evitare problemi di ordine pubblico all’interno della struttura capitolina, dove il ragazzo sarebbe potuto diventare vittima di pestaggi da parte degli altri detenuti.