Milano e Roma vanno a braccetto per quanto riguarda l’inquinamento, ma il problema non sono soltanto le polveri sottili. L’inchiesta.
L’inquinamento è il tema centrale di questi mesi, forse anche anni, in cui è tornato in auge il problema del cambiamento climatico. Il drastico aumento delle temperature, sommato all’inquinamento e allo smog, ha cambiato la situazione nell’atmosfera anticipando di secoli scenari piuttosto pericolosi per quanto riguarda la sopravvivenza collettiva.
Le stagioni stanno cambiando, così come le reazioni sul territorio. L’inverno passato è stato uno dei più caldi di sempre. La primavera sembra essere sballata, l’autunno non pervenuto e l’estate al centro di ulteriori critiche fra temperature troppo sopra alla media e incendi all’ordine del giorno. In particolare al sud dove foreste e aree verdi sembrano farla da padrone.
Milano e Roma, problema inquinamento
Un contesto che necessita di essere affrontato con consapevolezza e strumenti scientifici, ma anche una presa di coscienza collettiva. Ecco, quindi, il ritorno di argomenti e argomentazioni particolari: in primis la mobilità sostenibile, ricorrere al minimo dei combustibili fossili per spostarsi, poi c’è la questione del cibo, con gli allevamenti intensivi di bovini, e in ultima istanza il punto più importante in termini di impatto.
Il PM10 che misura il quantitativo di smog e sostanze inquinanti nell’aria. Milano, qualche settimana fa, è risultata la terza città più inquinata al mondo. Roma subito dietro per quanto concerne le ripercussioni nello Stivale. Contrariamente a quanto si pensa, però, non sono queste le città più inquinate e nocive in termini atmosferici in Italia.
L’inchiesta di Greenpeace
Il primato – per quanto riguarda la diretta conseguenza nella quotidianità – se lo aggiudica Cremona. La città, secondo Greenpeace e una recente inchiesta portata avanti, è quella in cui l’atmosfera riserva una condizione limite. La causa è anche la quantità industriale di allevamenti intensivi bovini presenti sul territorio: rilasciano tutti liquami e sostanze nocive che pregiudicano la condizione atmosferica a causa dello smaltimento. In altre parole: sono duri da “digerire”.
L’atmosfera non li sopporta e vengono tradotti in accumulo seriale di CO2 e anidride carbonica. Consapevolezza è la prima parola per cercare di arginare tutto questo, azione e presenza sono le altre da cui occorre ripartire. Non senza l’ultima che, però, dà un senso a tutto: volontà.
Cremona docet
Senza questa l’Italia – e più ampiamente il pianeta – resta a un bivio tra preoccupazioni e possibilità. Forse non ci sarà nemmeno il tempo di scegliere, ma è ancora impossibile sapere quando quest’ultimatum diventerà concreto. Al momento sono tutte avvisaglie da non sottovalutare. Cremona è un campanello d’allarme: saperlo ascoltare è un punto di partenza, a patto che i timori diventino stimolo per risolvere i sospesi e guardare al futuro. In maniera incerta, ma non rassegnata.