Quando si parla del Rione della Pigna la maggior parte dei romani sa bene a quale zona di Roma ci si sta riferendo: a quella delimitata dal Pantheon, largo di Torre Argentina, via delle Botteghe Oscure e piazza Venezia. Una sorta di quadrato nel quale ci sono diversi segnali che identificano il rione: via della Pigna, piazza della Pigna ecc. Forse, però, in pochi conoscono l’origine di questo nome…
Ebbene una scultura di bronzo alta quattro metri e larga due metri e mezzo, attribuita a Publio Cincio Savio, è stata trovata proprio nella zona in cui si trovavano i resti delle terme di Agrippa, a Campo Marzio nel medioevo. Un rinvenimento che ha suscitato un grandissimo interesse che proprio per questo è stata spostata nei primi anni del 1600, nel quadriportico della Basilica costantiniana di San Pietro che nel 1506 è stata abbattuta per lasciare il posto alla nuova struttura.
Il Pignone oggi è simbolo dei Musei Vaticani
E oggi quel Pignone che è stato fatto risalire al II secolo dopo Cristo e al quale è stato dato il significato di immortalità e rinascita, è anche il simbolo dei Musei Vaticani dove si trova tutt’ora nel cortile della Pigna. Precisamente si trova posizionata in cima a una scalinata a doppia rampa progettata da Michelangelo e poggiata su un capitello con una iscrizione: ‘Incoronazione di un atleta vittorioso’ che si ritiene provenga dalle terme di Nerone, affiancata da due pavoni sempre in bronzo di epoca adrianea.
Al rione rimasto senza il Pignone il Comune ha donato una fontana a forma di pigna
Ecco, però, che il rione è rimasto orfano di uno dei suoi tratti simbolici. Per questo motivo il Comune di Roma ha deciso di realizzare nella zona di Roma alla quale il famoso Pignone originariamente apparteneva, una fontana a forma di pigna. Niente di paragonabile alla scultura in bronzo ‘sottratta’, ma comunque un tentativo di restituire la sua identità alla zona.
E per quanto la storia del Pignone la voglia originaria di Campo Marzio, nel tempo si è consolidata l’idea che sia parte integrante dei musei vaticani, al punto che anche Dante nella Divina Commedia ne parla paragonandola al viso del gigante Nembrot e scrive: ‘La faccia sua mi pareva lunga e grossa come a pina di San Pietro a Roma…’ (foto di wikipedia)