Una vacanza da 2500 euro che avrebbe dovuto essere la giusta “ricompensa” dopo un anno di lavoro e di studio e che invece si è trasformata in una delusione e nella perdita di denaro senza alcuna possibilità di fare nemmeno una giornata di mare o di relax.
È la storia di una famiglia di Roma, formata da Manuela e Andrea e dai loro tre figli, solo uno dei quali appena maggiorenne, che già l’anno scorso – in maniera che speravano fosse previdente – avevano prenotato la villeggiatura in Calabria, a Sellia Marina, presso il Triton Aurum hotel.
Il Covid prima della partenza
“Abbiamo prenotato un anno fa – racconta Manuela – sia per risparmiare un po’ grazie alle apposite formule ‘prenota prima’, sia per avere la sicurezza di trovare posto, visto che il periodo scelto era quello delle due settimane centrali di agosto, dal 7 al 21. Ma, purtroppo, qualche giorno prima di partire io e mio marito abbiamo contratto il Covid. Solo mio figlio grande, che non era con noi a Roma ed era negativo, poteva partire per la Calabria. Abbiamo quindi contattato la struttura per chiedere se al posto nostro potevamo mandare delle altre persone, in modo da far compagnia a nostro figlio, ma ci hanno risposto che non era possibile”.
Nel frattempo il ragazzo era partito, nella speranza di poter fare qualche giorno di vacanza convincendo i titolari della struttura a fare il cambio nominativo per poter ospitare altre persone invece dei suoi genitori e dei suoi fratelli, ma la risposta non è mai cambiata.
La richiesta di rimborso
“Abbiamo allora immediatamente chiesto che ci rimborsassero almeno la seconda settimana: la prima ormai era persa, visto che nostro figlio era andato lì e ci aveva passato due notti, ma per la seconda, che oltretutto era quella di Ferragosto, per loro sarebbe stato molto semplice trovare un last minute e restituirci quanto ripreso, anche attraverso un buono. Ma non hanno accettato neanche questa nostra proposta. Ci hanno dapprima chiesto i certificati che dimostrassero la veridicità di quanto stavamo affermando, ovvero che fossimo positivi al Covid. Li abbiamo inviati ma, una volta che li hanno ricevuti, hanno rifiutato sia il cambio nome, che a loro non sarebbe costato nulla, che il rimborso. Quello che mi dispiace è la loro intransigenza: non ci sono venuti incontro per niente. Di certo non ci siamo ammalati apposta e abbiamo comunque offerto una soluzione, dando in sostituzione alla nostra presenza quella di altre persone, in modo che almeno nostro figlio potesse fare la vacanza, invece no. In questo modo abbiamo perso 2500 euro senza fare un solo giorno di vacanza: nostro figlio ha dormito lì due notti, ma non si è goduto nulla, era da solo, non conosceva nessuno ed è andato nella speranza di poter cambiare la situazione. Quando si è accorto che le cose non erano così è tornato a casa”.
Noi de Il Corriere della Città abbiamo provato a contattare la direzione dell’hotel per avere la loro versione dell’accaduto, ma dopo svariati tentativi, con attese superiori ai 30 minuti, abbiamo desistito. Ovviamente la replica dell’hotel sarà pubblicata nel momento in cui verremo contattati.