Sul caso dei cani morti nell‘incendio di Mazzano Romano, il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione. Una posizione quest’ultima alla quale si è opposta LNDC Animal Protecion. Il fatto è avvenuto a settembre dello scorso anno, quando un rogo ha distrutto una villetta alle porte di Roma, causando anche una morte atroce per ben 11 cani rimasti intrappolati all’interno, dato che erano detenuti in piccole gabbie da cui non hanno avuto scampo. La proprietaria della villa e detentrice degli animali ha spiegato agli inquirenti che i cani, di proprietà di altre persone, venivano tenuti chiusi in gabbia tutta la notte per presunti motivi rieducativi. LNDC Animal Protection ha sporto denuncia per detenzione incompatibile con il loro benessere e causa di gravi sofferenze ma il PM, al termine delle indagini, ha chiesto l’archiviazione sostenendo che dai resti degli animali non era possibile valutare le condizioni di detenzione.
Il presidente dell’associazione ripercorre i punti salienti della vicenda
“Quella che si è consumata è una vera e propria tragedia e – commenta Piera Rosati, Presidente LNDC Animal Protection – prima di tutto il mio pensiero va ai poveri cani morti tra atroci sofferenze, senza avere alcuna possibilità di mettersi in salvo. Una tragedia che deve anche far riflettere sulla facilità con cui molte persone oggi si improvvisano educatori di cani, utilizzando metodi che sono a dir poco discutibili e che possono portare a epiloghi come questo. La cinofilia è diventata un business e chi sa vendersi meglio, magari a poco prezzo, riesce a conquistare clienti che vi si affidano in buona fede. Per questo mi appello alle persone che vivono con un cane: quando vi rivolgete a una persona per l’educazione del vostro cane verificate sempre i suoi metodi, come lavora, quali competenze ha e diffidate da chi utilizza metodi coercitivi”.
L’opposizione all’archiviazione di LNDC
“Ovviamente ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione perché, al di là di quanto visibile dopo il disastro, la stessa detenzione in gabbia per lunghi periodi di tempo rappresenta un maltrattamento e una detenzione incompatibile con il benessere dei cani. A supporto di questo abbiamo citato la letteratura scientifica che non ammette una reclusione forzata del cane, perché tale modalità di detenzione aumenta le insicurezze dell’animale e pertanto non ha alcun valore rieducativo. Allo stesso tempo, abbiamo chiesto al magistrato di verificare quali sarebbero i titoli che consentono all’indagata di svolgere attività di rieducazione dei cani”, fa sapere Michele Pezone – Responsabile Diritti Animali LNDC Animal Protection.