Roma, incendia casa dell’ex compagno per vendicarsi, ma a farne le spese è il coinquilino che morirà pochi giorni dopo. La sentenza divide.
Roma, quartiere Portuense. Una donna incendia la porta di casa dell’ex compagno. Non aveva intenzione di uccidere nessuno: il suo – come chiarirà più avanti agli inquirenti – era soltanto un gesto di “vendetta” nei confronti dell’ex violento. Non ne poteva più la donna, allora ha gettato un involucro con liquido infiammabile sulla porta dell’abitazione. Un piano ben congegnato. Voleva solo spaventare il suo “aguzzino”.
Violenza sulle donne, è allarme nel Lazio: 180 chiamate al mese
Portuense, casa incendiata per vendicarsi dell’ex: muore il coinquilino. Cambia la sentenza
Qualcosa è andato storto nella strategia: a farne le spese non è stato l’ex fidanzato, ma il coinquilino che qualche giorno più tardi morirà in ospedale per le ferite riportate. I fatti risalgono al 2019, nel frattempo cade l’accusa di omicidio volontario per cui la signora era stata condannata a 21 anni di carcere. La pena è ridotta, attualmente, a 4 anni di detenzione, ma al momento la donna risulta essere latitante.
L’avvocatessa della difesa, tuttavia, ritiene che la pena stabilita dalla Corte di Cassazione sia ancora troppo elevata: il motivo lo spiega con una sorta di arringa che propone a Repubblica. “Non ci sono prove che i vestiti siano i suoi, aveva anche lasciato la casa nel 2018 dopo essere stata massacrata, non era lei dentro il palazzo”. La strategia è chiara, anche se la sentenza della Corte di Cassazione fa ugualmente discutere. Il dibattito sui social non si placa, per quello che resta ancora oggi un tema delicato. Tanto sul piano giudiziario quanto su quello mediatico.