Caporalato sui rider. Sono stati i Carabinieri per la Tutela del lavoro insieme ai colleghi del comando provinciale di Roma che hanno scoperto la magagna: aprivano un account su app di consegna, cedevano password e turni a stranieri che non erano in regola con il permesso di soggiorno e che non potevano registrarsi online e, una volta portata a compimento la consegna, il fattorino era costretto a consegnare una parte del guadagno al ‘caporale’ che lo aveva ingaggiato.
Le indagini hanno appurato che erano 6 le vittime dei ‘caporali’
Le indagini hanno appurato che su 96 rider che sono stati sottoposti a controlli 6 erano vittime di ‘caporali’. Ma la curiosità nata intorno a questo nuovo giro di affari è tanta e le indagini sembra abbiano solo preso il via e proseguiranno anche nei prossimi giorni per verificare se esistono altri casi nell’ambito delle consegne a domicilio. Le attività investigative programmate verranno svolte sempre dagli uomini dell’Arma, ma con la collaborazione degli agenti della Polizia locale.
I Carabinieri sono riusciti a ricostruire la struttura ‘lavorativa’ di vittime e aguzzini
La struttura ‘lavorativa’ è ormai chiara agli inquirenti che intanto hanno scoperto che le vittime si trovano a lavorare a nero, vengono sottopagate e aiutano i loro aguzzini, pur non volendo, a mantenere un profilo alto nel settore del delivery di pasti a domicilio. Perché la celerità di consegna fa alzare la richiesta del fattorino che, di contro se smette di fare le consegne o non è sufficientemente celere, perde visibilità e con essa anche i turni più convenienti a livello economico. Tutto questo avveniva attraverso piattaforme dove il caporale di turno apriva il suo account, cedeva le credenziali a uno straniero senza permesso di soggiorno e guadagnava dal 20 al 50 per cento dei compensi che spettavano al fattorino sfruttato che, invece, aveva materialmente effettuato la consegna.