Eccoci al nuovo appuntamento settimanale con i racconti di Nicola Genovese, autore dei romanzi “Il figlio del prete e la zammara”, “Il nipote del prete” e “Lipari-La Rinascita”.
Questa volta il racconto è ambientato alla fine degli anni ’80. Potremmo essere in una qualsiasi città italiana.
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Gianni, Nicola, Paolo e Andrea erano tanto amici quanto accaniti giocatori di poker. Avevano da poco compiuto 21 anni e già lavoravano. Potevano così mantenersi all’Università e permettersi qualche passatempo tipico dell’età. Quasi tutte le sere, dopo cena, s’incontravano a casa di Gianni e giocavano fino a tardi.
Spesso si spingevano fino alle prime ore dell’alba.
La posta in gioco non era alta, ma quello che preoccupava maggiormente Luigi, il papà di Gianni, era il “vizio” di
quello “svago”, che iniziava ad inebriarli.
Il poker appartiene a quella famiglia di giochi di carte dove alcune varianti possono considerarsi come “gioco d’azzardo”, altre invece come “poker sportivo”.
Ne sapeva qualcosa Luigi. Era riuscito a uscire da quel tunnel buio prima che potesse dilaniare tutti i suoi risparmi e le proprietà ereditate dai suoi genitori.
Aveva visto molta gente perdere nel giro di una notte tutti i beni accumulati in una intera vita.
Doveva impedire ad ogni costo, sia al figlio che ai suoi amici, di entrare in quel “tunnel” senza ritorno.
Una sera aveva organizzato a casa sua una cena alla quale erano stati invitati gli amici di Gianni e un suo vecchio amico inglese di passaggio a Roma.
Era un ometto basso, insignificante, con occhiali da vista molto spessi, ma con uno sguardo attento e intelligente.
Alla cena seguì un poker a cinque. Dopo alcune mani di riscaldamento, con piatti di poche decine di lire, durante le quali il nuovo arrivato aveva sempre perso, fissarono la posta a centomila lire.
Adesso la bravura mista alla fortuna sarebbero state le vere protagoniste della serata.
Gianni aveva un tris d’assi, ma non aveva aperto.
Stessa cosa avevano fatto Nicola, Paolo e Andrea.
Il nuovo arrivato, che chiameremo “l’inglese”, aprì di centomila lire. Tutti videro.
Gianni cambiò due carte, e ottenne un full d’assi.
Nicola cambiò anche lui due carte, e ottenne un full di donne.
Paolo cambiò tre carte e fece una scaletta.
Andrea ne cambiò una e riuscì a fare un full di K.
Per ultimo toccò “all’inglese”. Ne cambiò quattro.
La scena andò a rilento. Lesse le carte… e rilanciò di altre centomila lire.
Tutti si guardano in faccia, come a interrogarsi.
Uno dopo l’altro si ritirano, tranne Gianni, indeciso sul da farsi.
Pensava a cosa fare in caso di perdita. Non aveva altri soldi disponibili, ma voleva tentare la fortuna e decise di vedere.
“L’inglese” scoprì lentamente le sue carte, mostrando una scala reale. Il volto di Gianni cambiò colore, cominciò a sudare e sprofondò in un abisso. Si guardò intorno, poi fissò il padre come a cercare un aiuto. Ma il genitore restò impassibile.
Il gioco si protrasse fino al mattino, nella speranza di Gianni e degli altri giovani di rifarsi, ma “l’inglese” è imbattibile.
A un certo punto intervenne Luigi, il quale rivolgendosi ai ragazzi disse: “Quando vi sedete ad un tavolo da gioco, dovete prima capire chi è il “pollo” da spellare. Se non lo individuate, i “polli” siete voi! Dovete studiarlo bene e subito dopo potete iniziare a giocare. Questa volta vi è andata bene! “L’inglese” è un mio caro amico. In passato è stato il più grande baro d’Europa. Ha cambiato le carte in un baleno, sfilandole da un mazzo analogo nascosto, e voi non ve ne siete accorti. Non superate mai i limiti a voi consentiti. Restate sempre nell’ambito del “poker sportivo”. Per questa volta, i vostri debiti sono tutti annullati: ma che questa “vicenda” vi serva di lezione!”
Tutti trassero un forte sospiro di sollievo, ma impararono davvero una “lezione di vita”.