Mentre il Governo si appresta a varare nuove misure sull’obbligo vaccinale e sulla scuola per fronteggiare l’aumento esponenziale di contagi legati alla variante Omicron, le ASL sfornano Green Pass al ritmo di decine di migliaia al giorno per migranti e lavoratori italiani espatriati.
Ottenere un Green Pass presentando un semplice foglio di carta che contenga i dati del paziente, il luogo dove è avvenuta l’inoculazione e i codici identificativi dei lotti dei vaccini eseguiti all’estero è un gioco da ragazzi, un’operazione facile e rapida. Rapida come effettuare un tampone.
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Convertire in Green Pass un certificato estero: bastano pochi minuti
Bastano infatti 20 minuti per poter esibire il proprio Digital Covid Green Certificate. Qualunque straniero, proveniente da qualsiasi Paese europeo ed extraeuropeo può vedere convertito in Green Pass con l’immancabile codice QR il proprio pezzo di carta, senza complicazioni. E senza alcuna verifica della documentazione presentata, dato che non esiste un’anagrafe vaccinale internazionale. Anche per i cittadini russi (e non solo) vaccinati con Sputnik (o altri sieri non riconosciuti) dal novembre scorso, una circolare ministeriale ha dato il via libera, con la dose booster, all’ottenimento della carta verde.
Un’ipotesi fantascientifica, quella di un database globale, la definisce il dottor Filippo Gnolfo, direttore della Unità Operativa Salute Migranti ASL1, giacché in molti Paesi extraeuropei non esiste neppure un’anagrafe. In sostanza, ci si deve fidare dell’autenticità della documentazione presentata.
No health without migrant health, recita l’ultimo report a curare del Gruppo di Lavoro Salute Migranti. Peccato che la relazione risalga al 2019, poco a ridosso dell’esplosione della pandemia.
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Nessun database per verificare se il vaccino è stato fatto: chi controlla?
“L’Unione Europea ha trovato l’accordo per creare un certificato digitale unico a fine dicembre scorso e noi stiamo lavorando a spron battuto per offrire questo servizio a tutti, ma proprio a tutti, dall’agosto 2020, quando tale certificazione – in piena pandemia – era già di fatto obbligatoria”, afferma il dott. Paolo Parente Dirigente Medico presso la Direzione Strategica dell’Azienda Sanitaria Locale di Roma 1 Santa Maria della Pietà.
Con gli Open Day e gli Open Night nelle unità mobili disseminate negli angoli più reconditi della Capitale sono stati vaccinati – secondo Parente – decine di migliaia tra homeless, STP (gli stranieri temporaneamente presenti sul nostro territorio), definizione che raramente corrisponde alla realtà, dichiara lo stesso Parente, ed ENI (Europei Non Iscritti né assicurati con il nostro Servizio Sanitario Nazionale). Nonché centinaia di rom, che con il Green Pass hanno ottenuto di fatto il diritto alle cure sanitarie senza alcun onere né discriminazioni.
Tutti dentro dunque. E tutti “greenpassati”. “Se fosse stato – tutto questo – sufficiente a fermare o almeno ad arginare la pandemia, avremmo fatto bingo!”, commenta una robusta signora ucraina in fila con gli altri in attesa del suo turno. Ma i dati raccontano una realtà ben diversa. E chissà se il vero motivo non sia contenuto (anche) fra queste righe.
Rosanna Sabella