Un imprenditore è finito in manette, tra gli altri reati, per bancarotta e riciclaggio, mentre sono stati sequestrati beni per il valore di 4 milioni di euro, e tra gli altri, anche un’azienda con sede a Roma. Un’operazione, che ha preso il via sin dalle prime luci dell’amba di oggi, svolta dai Finanzieri della Compagnia di Montecatini Terme, con la collaborazione di altri Reparti del Corpo delle province di Pistoia, Firenze, Lucca, Massa Carrara, Modena, Roma, Latina, Napoli e Trapani. Le Fiamme gialle stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari ed un provvedimento di sequestro preventivo, in forma diretta e per equivalente, emessi dal G.I.P. del Tribunale di Pistoia, su richiesta della Procura della Repubblica di Pistoia, che ha disposto anche numerose perquisizioni, nei confronti di 7 persone fisiche e di diverse imprese ritenute responsabili, allo stato delle indagini e salva la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva, di delitti tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, emissione di fatture false e infedele dichiarazione), bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti.
Operazione che ha interessato anche Roma e la provincia di Latina
Oltre 40 i militari della Guardia di Finanza impegnati oggi nelle operazioni condotte a Pistoia, Abetone Cutigliano (PT), Agliana (PT), Camaiore (LU), Massa (MS), Montignoso (MS), Firenze, Fiumalbo (MO), Roma, Napoli, San Felice Circeo (LT), Sperlonga (LT) e Alcamo (TP). Oggetto del provvedimento di sequestro, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, sono i saldi attivi di 28 rapporti finanziari, 30 immobili (10 appartamenti, 2 autorimesse, 1 locale commerciale e 17 terreni agricoli), quote societarie, 4 autovetture e una moto di grossa cilindrata, fino alla concorrenza di € 3.292.321, per reati tributari, e di € 990.093, per riciclaggio / autoriciclaggio / reimpiego. Sequestrate, per essere poste a disposizione dell’Amministratore giudiziario nominato dal Tribunale, anche 2 aziende, con sede a Pistoia e Roma, attive nei settori del commercio all’ingrosso di telefoni cellulari e dell’ospitalità turistica, nelle quali il principale indagato – un imprenditore quarantasettenne, residente in provincia di Pistoia, posto agli arresti domiciliari, in considerazione del concreto pericolo di reiterazione delle condotte criminose e del profilo soggettivo, caratterizzato dalla presenza di una precedente condanna, in primo grado di giudizio – avrebbe autoriciclato consistenti proventi illeciti.
Indagini nate dal fallimento di una ditta che commercia prodotti di elettronica
Le indagini, condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica di Pistoia, hanno tratto spunto dalla ricostruzione delle vicende che avevano condotto al fallimento di un’impresa della provincia di Pistoia, già esercente il commercio di prodotti di elettronica. Sulla base degli elementi di prova sinora raccolti, anche con il ricorso a sofisticate tecnologie investigative, e secondo l’ipotesi vagliata dal Giudice nei provvedimenti cautelari – fatte salve le successive valutazioni, in merito all’effettivo e definitivo accertamento delle responsabilità, ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna – è emerso che quella società e, nel tempo, numerose altre, tutte tra loro concatenate ed operanti nel medesimo settore, erano state strumentalmente utilizzate per commettere plurimi illeciti di natura tributaria ed economico-finanziaria. Il sistema di frode si basava sull’acquisto di ingenti quantitativi di smartphones ed altri apparecchi di elettronica di consumo, presso ignari operatori commerciali di altri Paesi dell’Unione Europea (quindi, senza addebito dell’I.V.A., come previsto dalla normativa sugli acquisti intracomunitari), da parte di società prive di reale capacità operativa (cd. “cartiere”).
I passaggi commerciali simulati delle merci
Le merci erano oggetto di successivi passaggi commerciali simulati, per poi giungere al consumatore finale, al quale veniva addebitata un’imposta dovuta che nessuna delle imprese coinvolte avrebbe poi versato all’Erario. In sintesi, di norma, tali prodotti venivano fittiziamente ceduti, sempre in esenzione d’imposta (per via del particolare regime del “reverse charge” o inversione contabile), a commercianti all’ingrosso nazionali compiacenti, ai quali venivano contestualmente accreditate le somme necessarie a far figurare il pagamento delle relative fatture, per poi essere rivenduti “in nero”, quindi in completa evasione delle imposte, a negozianti di origine asiatica.
Gli ingenti debiti tributari
Le imprese utilizzate per realizzare questo schema fraudolento accumulavano, così, ingenti debiti tributari, senza onorarli, e venivano sistematicamente spogliate del loro patrimonio, per essere lasciate in stato di decozione, fino al fallimento. Queste serie di operazioni, oltre a consentire di poter praticare prezzi di vendita al dettaglio altamente competitivi, grazie all’illecito margine garantito dagli omessi versamenti dell’I.V.A., falsando le dinamiche del mercato e ponendosi in concorrenza sleale rispetto agli altri operatori del settore, erano anche volte a rendere infruttuose le procedure coattive di riscossione delle imposte non versate dalle imprese “cartiera”, che aveva accumulato cartelle esattoriali, relative al periodo 2018/2021, per diversi milioni di euro, e ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni e dei profitti illecitamente accumulati, reimpiegati in altre attività economiche.
L’operazione costituisce ulteriore e concreta testimonianza del costante impegno del Corpo nel contrasto ai comportamenti illeciti che generano – ostacolando lo sviluppo economico, poiché distorcono la concorrenza, e sottraendo allo Stato preziose risorse, che devono, invece, essere dedicate agli interventi a favore delle fasce sociali più deboli – sperequazioni e diseguaglianze, sia tra i cittadini, che tra le imprese, a tutela degli imprenditori e dei contribuenti rispettosi delle leggi.