Desiree Mariottini è morta dopo una lunga sequenza di eventi criminosi. Lo ha messo nero su bianco la Cassazione oggi. Pubblicate le motivazioni della sentenza arrivata lo scorso 20 ottobre.
Novità sul processo a carico degli imputati accusati della morte di Desiree Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina deceduta a causa di un mix di droghe, dopo essere stata abusata in uno stabile abbandonato nel quartiere San Lorenzo a Roma. Ebbene oggi la Cassazione ha pubblicato le motivazioni della sentenza giunta a fine mese scorso.
Desiree Mariottini: ecco le motivazioni della sentenza
I Giudici ricostruiscono la tragica morte dell’adolescente pontina. “La sua morte – scrive la Cassazione – è sopraggiunta a conclusione di una lunga sequenza di eventi criminosi sviluppatasi lungo diverse ore […] fin dal mattino del 18 ottobre 2018″. Tali fatti, si legge, “le hanno provocato l’overdose, collegandosi alla mancata attivazione dei soggetti presenti nella ‘sala de crack’ dove la ragazza era stata lasciata agonizzante su un letto”.
Proseguono le motivazioni. “E’ incontroverso che gli imputati fossero a conoscenza delle condizioni di estrema debilitazione psico-fisica della minore prima di morire essendo stata l‘overdose provocata dalla continuata somministrazione tra gli altri di metadone, cocaina ed eroina“. Una consapevolezza evidenziata dal fatto che, una volta violentata e finita in uno stato di incoscienza, gli imputati “tentavano di rianimarla […] fino a quando, resisi conto di non essere in grado di farla riprendere, la lasciavano agonizzante sul letto”. Senza essere soccorsa. Un orrore che costò la vita alla giovane appena 16enne.
Il processo
Ricordiamo che lo scorso 20 ottobre i supremi Giudici della prima sezione penale avevano fatto cadere alcune delle accuse a carico degli imputati. In particolare era stato disposto l’appello bis per Mamadou Gara, già condannato all’ergastolo in merito all’accusa di omicidio. Tra le 58 pagine delle motivazioni, rese note dagli organi di stampa, in merito alla posizione di quest’ultimo per i supremi giudici “non è accertato che l’imputato fosse presente sulla scena del crimini quando la ragazza è morta”. Su questo punto dunque, ancora, la sentenza di Appello non fa chiarezza “affermando che Gara si allontanava dall’edificio abbandonato in concomitanza con il trasporto del corpo della vittima dal container, dove era stata violentata, alla ‘sala del crack’ dove veniva adagiata esanime su un letto”. Per quanto riguarda gli altri imputati Brian Minthe era stato condannato a 24 anni e mezzo dopo i primi due gradi di giudizio. Un destino analogo per Alinno Chima condannato in appello a 27 anni. Assolto invece dalle accuse di violenza sessuale Yussef Salia che era stato condannato in secondo grado all’ergastolo.