E’ stato ritrovato l’altra sera da alcuni prelati, che si erano insospettiti perché per tutto il giorno non aveva risposto al proprio telefono personale. Lo hanno ritrovato riverso sul letto, privo di vita, in pigiama, con i piedi a penzoloni e, ad un primo sguardo, sembrava fosse intento ad alzarsi nel momento del decesso. Il cadavere è di Monsignor Michele Basso, anziano canonico della Basilica di San Pietro, che è morto all’improvviso nel suo appartamento personale a ridosso della basilica vaticana, probabilmente deceduto dopo un attacco cardiaco sopraggiunto. Sulla sua salute, da tempo accusava vari malesseri e acciacchi dovuti all’età avanzata.
Don Michele Basso e il mistero delle proprie opere d’arte in Vaticano
L’uscita di scena di questo singolare prelato e collezionista d’arte, trascina con sé nella tomba i misteri legati a un incredibile e favoloso giacimento di opere di sua proprietà all’interno dello Stato vaticano. Decine di pezzi antichi sui quali pesano forti sospetti, inchieste interne e naturalmente silenziosi imbarazzi da parte delle autorità vaticane, perché almeno fino ad oggi non si è mai saputo l’origine di quelle opere d’arte di inestimabile valore. Il cardinale Mauro Gambetti, francescano, neo arciprete della Basilica di San Pietro da poco più di un anno, eredita una “gatta da pelare” che prima di lui aveva tentato di gestire il suo predecessore, ovvero il cardinale Angelo Comastri, pensionato velocemente e in modo anomalo da Francesco dopo una serie di pasticci amministrativi interni alla Santa Sede.
La favolosa collezione di Monsignor Michele Basso era stata impacchettata e messa al sicuro all’interno di una trentina di casse ignifughe, che vennero collocate in un luogo super sicuro. Vennero sigillate con l’autorizzazione della Segreteria di Stato e sistemate in un locale sicurissimo, situato proprio sotto la Cupola. Dentro, secondo le indagini, si contano una settantina di pezzi tra materiale archeologico, statue in marmo e di legno, dipinti su tela, tavole incise su rame e schizzi su carta.
Il tesoro di don Michele Basso
Probabilmente il reperto più scioccante ed emblematico tra tutti, è una meravigliosa copia risalente agli inizi del Novecento del famosissimo Cratere di Eufronio, il cui originale etrusco è conservato all’interno del Museo di Villa Giulia. Il Cratere, dopo che venne trafugato dai tombaroli nel 1971, esportato illegalmente negli Usa e acquistato dal Metropolitan di New York, era stato al centro di un braccio di ferro diplomatico con lo Stato italiano.
La copia, oggi nelle mani del Vaticano, rischia di rimettere tutto in discussione, perché confuterebbe la data del rinvenimento dell’originale che il Metropolitan ha dovuto poi restituire alla Santa Sede. Se il vero Cratere è stato ritrovato solo nel 1971 in uno scavo clandestino vicino la località di Cerveteri, come è possibile che in Vaticano vi sia una copia fatta alla fine del Novecento? Un giallo che dovrà essere, prima o poi, essere sbrogliato dalla Segreteria di Stato. Il tesoretto chiuso a chiave nelle voluminose casse verdi e di diverse dimensioni, era stato visionato diverso tempo fa dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Poi la questione era stata messa sotto silenzio, mentre monsignor Basso continuava a ripetere, a chi gli chiedeva lumi sulla provenienza di queste opere d’arte, che tutto era regolare.ù
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