Il cellulare di Camilla Marianera potrebbe rivelare nuove verità intorno al caso della “talpa al Tribunale di Roma”. Ne sono convinti gli inquirenti, che vorrebbero arrivare a scoprire l’identità del soggetto che forniva i dati “top secret” all’avvocatessa e il suo compagno. Nonostante sia appurato come con la “talpa” si usasse un linguaggio in codice, dai numeri di telefono si potrebbe risalire alla fonte e provare a indivduare il soggetto.
Dai cellulari si potrebbe arrivare alla “talpa del Tribunale di Roma”
Gli inquirenti vorrebbero intanto capire come Camilla Marianera e il suo compagno, Jacopo De Vivo, venivano in contatto con la famosa talpa. Di certo, anche per darsi un incontro in presenza, dovevano quantomeno essersi scambiati delle telefonate per stabilire dove vedersi e scambiare le informazioni su cui la Procura di Roma stava indagando. Ecco perchè, con il passare dei giorni, su Camilla Marianera emerge uno status di grande pericolosità.
Secondo le logiche portate avanti dagli inquirenti, la donna era una sorta di “alert” per le realtà criminali, che utilizzavano l’avvocatessa, attraverso lauti pagamenti, per provare ad anticipare le mosse della giustizia. Una dimensione stesa anche dal capo di accusa, dove da dicembre 2021 “‘l’avvocatessa e il suo compagno erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all’ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l’esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l’esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta”.
Inoltre, lo stesso capo di accusa sottolineava la pericolosità di Camilla Marianera: “La donna è assolutamente pericolosa per come ha fatto breccia nel sistema di controllo interno dell’ufficio intercettazioni della Procura e abbiano trovato un ignoto, allo stato, concorrente necessario e concluso con lui un patto criminale a natura corruttiva, creando una sorta di ‘protocollo criminale’ per vendere a terzi le informazioni segrete sull’esistenza di intercettazioni richieste e autorizzate dall’autorità giudiziaria romana”.
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