Poteva trasformarsi nell’ennesimo caso di femminicidio, invece la Giustizia ha letteralmente salvato la vita di una donna, ex fidanzata di uno stalker. Si tratta di Waima Vitullo, attrice e nota blogger del web. Da tempo la donna si era chiusa in se stessa, colpa anche di un ex fidanzato che la perseguitava ed era arrivato addirittura a minacciarla di morte. Una situazione che non si era placata neanche con l’arresto e il periodo in carcere dell’uomo, che anzi dalla prigione aveva alzato l’asticella nel suo livello di violenza verso la donna.
“Ti ammazzo, devi morire… non hai scampo…Posso passare anche 100 anni ma io ti cancello dalla terra“, erano le parole spesso ripetute a Waima, esasperata dal pensiero di essere ammazzata in qualunque attimo dalla follia dell’ex e soprattutto impossibilitata a vivere una vita normale davanti a simili minacce. Una situazione risolta davanti a una cattedra di un Tribunale, dove il giudice ha deciso di condannare l’uomo a una pena in carcere.
Lo stalker che perseguitava l’ex fidanzata: la vicenda
Il giudice per l’udienza preliminare, Valeria Tomassini, ha condannato a due anni e quattro mesi lo stalker di Waima, ovvero un 35enne napoletano ma con residenza a Roma. Le accuse lo hanno trovato protagonista di persecuzioni e pedinamenti inflitti alla blogger, la 43enne Waima Vitullo, con cui aveva tenuto una relazione per pochi mesi. Sulla faccenda, la pm Daniela Cento aveva chiesto una pena di due anni e sei mesi.
Lo stalker aveva già ricevuto un divieto di avvicinamento all’attrice, con un aggravamento della pena avvenuto lo scorso giugno, prima in carcere e poi, su istanza della difesa, agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Una situazione che aveva ugualmente cambiato le abitudini di Waima, mamma di un bambino e che per l’uomo aveva dovuto modificare la propria quotidianità e anche la casa. La giudice, per l’occasione, ha contestato allo stalker un campo di imputazione di due pagine.
Le minacce di morte
Le minacce dell’uomo sarebbero diventate più violente dopo il divieto di avvicinamento, come hanno accertato le indagini condotte sul caso. In merito, il pm dice a riguardo: “Con oltre 100 chiamate al giorno, con messaggi dal contenuto minatorio del tipo p… di merda, io in galera non ci vado perché t’accido a te e poi m’accidio io…io arrivo dove voglio…ti ammazzo, devi morire…Non hai scampo…posso passare anche 100 anni ma io ti cancello dalla terra”.
Una situazione che ha influito pesantemente sulla psiche della donna, che da quel momento è diventata vittima di attacchi d’ansia e paure. Condizioni fisiche dettate dalla paura della sua incolumità a repentaglio, in un contesto che velocemente l’ha costretta a cambiare le proprie abitudini, il numero di telefono, la scelta di uscire di casa solo in situazioni realmente necessario, con il timore di essere aggredita dall’uomo in qualunque punto della città.
Sulla sentenza, il legale della vittima, l’avvocato Federico Sinagra, ha riferito: “Ritengo che sia giusto che il giudice non abbia riconosciuto le attenuanti generiche anche perché l’imputato non ha mai smesso la sua condotta persecutoria, reiterata anche dagli arresti domiciliari con braccialetto elettronico”.
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