Michela Giraud torna al cinema, ma stavolta lo fa da protagonista: “Flaminia” è la sua opera prima tra commedia e profonde riflessioni.
“Come sono vuote le chiese! Solo i cinematografi sono pieni: è lì che la gente oggi va a confessarsi”. Questo soleva dire Vittorio Gassman nel film “Anima persa” e da questo, forse, riparte il cinema moderno. Troppo presto per dire se il nuovo film con Michela Giraud somigli a una confessione o un atto dovuto, sicuramente però – in attesa dell’11 aprile, data di uscita dell’opera prima di quella che ad oggi è una delle più celebri attrici e stand-up comedian italiane – è possibile affermare che l’interprete ha abituato il suo pubblico a trattare con la verità.
Al punto da farci addirittura uno speciale su Netflix: “Tutta la verità, nient’altro che la verità: lo giuro”. Lei riparte da questa promessa e la porta – se possibile – ovunque. Forse perchè si è resa conto, come più volte ha chiarito nelle sue uscite pubbliche, che è impossibile conquistare un pubblico con qualcosa di artefatto.
Michela Giraud torna al cinema
Un conto è l’assurdo (Michela Giraud esaspera volutamente ciò che vive all’interno dei suoi monologhi per creare comicità e sorrisi), un altro è la finzione. L’artista di finto ha poco o nulla, nella relazione con i fan mette sempre a nudo diversi aspetti del suo essere. Lo vediamo già dai social: il suo account Instagram potrebbe tranquillamente essere una sorta di lungometraggio perenne tra quello che racconta, quello che gli accade e quel che ha vissuto.
Non si sa mai fino a che punto sia vero e fino a quando, invece, è frutto della sua fantasia. Quel che conta è che funzioni. Anche “Flaminia” – secondo le prime impressioni degli addetti ai lavori – funziona. La controprova arriva da chi ha lavorato con lei: da Antonello Fassari a Edoardo Purgatori, fino a Ludovica Bizzaglia e Rita Abela, per concludere con Nina Soldano e Fabrizio Colica.
Primo film da regista
Un cast corale che si mostra subito disponibile e pronto: anche questo è possibile evincerlo da quanti, affannosamente, hanno condiviso il trailer del film. Non è affatto scontato: molti dei lungometraggi che vediamo oggi, ma anche alcuni del recente passato, vengono spesso messi in secondo piano dagli interpreti che vi hanno preso parte.
Per mille motivi, gli stessi che invece hanno spinto questo folto gruppo di interpreti a sposare una causa targata Giraud. E senza il pregiudizio legato alla provenienza: un’artista che arriva dal palco non può entrare – da protagonista – nella Settima Arte. Luogo comune che cessa di esistere nel momento in cui l’esordiente alla regia restituisce un’abnegazione e diligenza d’altri tempi a collaboratori e interpreti, anche questo aspetto è facilmente riscontrabile nelle parole dei colleghi che fanno insieme a lei il conto alla rovescia verso la data di uscita del film.
Tra vita vissuta e aspettative
Ogni giorno con un aneddoto diverso. Si percepisce che alla base di tutto c’è qualcosa di importante: un pezzo – fondamentale – di sé stessa. Questo ha messo Giraud dietro la macchina da presa. Esattamente come quando va sul palco. Solo che stavolta l’occhio è il suo e non quello del pubblico.
È lei che descrive Roma Nord con il cinismo, l’esperienza e la goliardia di chi l’ha vissuta e la vive. Trampolino di lancio per parlare persino di cose più intime. Nel suo spettacolo teatrale, che ha riempito anche il Brancaccio, parlava addirittura di disabilità. Lo farà anche all’interno di “Flaminia”. Non conta tanto ciò che dirà, quanto come vorrà farlo.
Leggi anche: Quali spese universitarie posso detrarre nel 730? Come funziona e cosa sapere
A teatro ha smascherato una serie di ipocrisie che accompagnano tanti aspetti legati alla disabilità e non solo. Se c’è, quindi, un motivo valido per provare a seguire questo film al cinema – oltre alle risate e la spensieratezza – è proprio la necessità di un riscontro veritiero e attendibile sulle possibilità (e non) che offre la vita. Anche attraverso una risata spontanea, che molto spesso accompagna le battute della nota stand-up comedian, ma in questo caso potrebbe fare qualcosa in più: aprire un ciclo nel cinema di genere. L’ibrido tra biopic e commedia. Una nuova sfumatura che scava nell’ironia per arrivare dritta al cuore.