C’è un altro alone di mistero che ruota attorno alla sparizione di Emanuela Orlandi, la ragazza che il 22 giugno 1983 scomparve nel nulla senza lasciare alcuna traccia. E soprattutto, c’è un altro nome: quello di Mario Meneguzzi.
Caso Emanuela Orlandi, si infittisce il mistero: spunta il nome dello zio
Chi è Mario Meneguzzi e perché è spuntato il suo nome
Chi è Mario Meneguzzi? Perché il suo nome è spuntato fuori e soltanto ora? Nel giallo, che dura oramai da 40 anni, sulla scomparsa di Emanuela Orlandi spunta il nome di Mario Meneguzzi, deceduto da tempo e marito di Lucia Orlandi. Si tratta dunque dello zio della ragazza sparita nel 1983. Il suo nome è spuntato fuori in quanto apparso in un carteggio consegnato dalla procura del Vaticano a quella di Roma, anche se in realtà nel corso dell’inchiesta non si tratta di una novità. In questi documenti si fa riferimento a presunte moleste che la sorella di Emanuela Orlandi, Natalina, avrebbe subìto da Meneguzzi. Secondo quanto emerge da un servizio del Tg de La7 andato in onda lunedì 10 giugno 2023, alcuni mesi dopo la scomparsa della ragazza, l’allora Segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli scrisse, in via riservata, un messaggio a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Papa Giovanni Paolo II, che era stato in passato consigliere spirituale e confessore degli Orlandi. La missiva puntava a chiarire se il religioso fosse a conoscenza del fatto che Meneguzzi avesse molestato la sorella maggiore di Emanuela, Natalina. Una domanda a cui rispose in maniera affermativa. Nella risposta al cardinal Casaroli, il religioso aggiungeva anche che la sorella maggiore di Emanuela le confidò di aver paura: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima.
Il ‘ruolo’ di Mario Meneguzzi nel caso Emanuela Orlandi
In passato, quando spuntò il nome di Meneguzzi nell’inchiesta, lo zio di Emanuela sostenne sempre di trovarsi a Torano, in provincia di Rieti, il giorno in cui sparì nel nulla la nipote. Fu lui, per volontà della famiglia Orlandi, a gestire le prime telefonate a casa della vittima con i presunti rapitori di Emanuela. In quei giorni, Meneguzzi si accorse di essere seguito da un’automobile e si rivolse quindi a Giulio Gangi, agente del Sisde che inizialmente si occupò della scomparsa di Emanuela Orlandi. Gangi scoprì che la vettura che pedinava Meneguzzi aveva la targa coperta, riconducibile ad una macchina della squadra mobile. Successivamente, Gangi affermò di essersi pentito di aver dato quell’informazione a Meneguzzi. Ma quando papa Wojtyla parlò pubblicamente prima di rapimento e poi in privato di pista del terrorismo internazionale, fu abbandonata la pista familiare.