Si è tornato a parlare in un’aula di giustizia, davanti ai giudici di Cassazione, della terribile tragedia avvenuta il 9 luglio del 2015 alla stazione di Furio Camillo. Un ascensore rotto e all’interno, bloccati, una mamma e il suo bimbo di soli 4 anni. Poi la decisione di un operaio della municipalizzata di intervenire per liberare la donna e il suo piccolo. Animato da buone intenzioni il dipendente Atac ha aperto il pannello accostandosi con un altro ascensore, è stata poi questione di una frazione di secondi, il bambino è corso verso l’uscita finendo in un’intercapedine. Una caduta che non gli ha dato scampo.
Condannato il dipendente Atac aveva cercato di liberare il bimbo e la mamma
Il dipendente Atac è finito a processo per quei fatti. In tanti, e anche nelle aule di giustizia, si sono chiesti e hanno chiesto all’indagato perché fosse intervenuto, nonostante non si trattasse di un intervento di sua competenza. Una domanda alla quale l’uomo avrebbe ampiamente risposto, come riporta Repubblica, che non solo erano stati inutilmente allertati i soccorsi, per quanto aveva paura che qualcosa di brutto succedesse nel suo turno di lavoro e in più aveva sottolineato come la temperatura esterna era di 33 gradi e il timore che nel vano ascensore non si potesse respirare era alto. In tutto questo la donna urlava e il bambino piangeva.
Per quel soccorso l’operaio è stato condannato a 8 mesi di carcere
Una serie di coincidente che avevano messo in allarme l’operaio che, forse in maniera azzardata, aveva deciso di intervenire per liberare il piccolo e la sua mamma. Non aveva considerato l’imprevisto, quel maledetto imprevisto che purtroppo è successo: il bambino quando ha sentito l’operaio, è corso verso l’uscita precipitando nel vuoto. Per quei fatti l’ormai ex dipendente dell’Atac è stato condannato. Gli Ermellini si sono pronunciati con la condanna a 8 mesi di carcere