La baby gang colpisce ancora: ragazzi dai 12 ai 15 anni – sempre con lo stesso modus operandi – prendono di mira il Gay center di Testaccio.
Le svastiche sul muro, la struttura divelta e il colore nero che prende il posto dell’arcobaleno. Il Gay center di Testaccio cambia volto e i sorrisi diventano lacrime di paura. La ragione è l’intervento – reiterato – di una baby gang: piccoli d’età, ma possenti fisicamente, dei giovani adolescenti mostrano evidenti segni di insofferenza e omofobia.
Distruggono, aggrediscono, annientano. Diverse volte in un mese, al punto che la struttura ha dovuto cautelarsi: telecamere a circuito chiuso per cercare di capire, mettere ordine, determinare. L’aggressione avviene in maniera quasi ciclica, sempre nello stesso modo. Ragazzi dai 12 ai 15 anni che non trovano e non danno pace, anzi: danno fastidio.
Raid al Gay center di Testaccio
Al punto che i gestori della struttura hanno chiamato le Forze dell’Ordine per provare a dare un segnale. Anche perchè le aggressioni a Testaccio cominciano a essere un problema. Cappucci e mazze da baseball al posto di abbracci e strette di mano. Non è più possibile. Gli ultimi tentativi di raid avvenuti tra il 19 e il 28 gennaio.
Entrambe le volte è stato rimesso tutto a posto, ma non a tacere. Non è bastato: il Gay center inaugurato nel 2011 vive nel terrore. I filmati attualmente sono in mano alle Forze dell’Ordine per cercare di dare un volto a questi ragazzi. Il materiale da vagliare è molto, ma nel frattempo la mobilitazione non si ferma: tante le associazioni a sostegno del Gay center, dall’Arci all’Anpi fino a Nonna Roma.
Una baby gang nel mirino
Tutti uniti contro la violenza e la prevaricazione. Allarme questo che fa anche riflettere dal punto di vista educativo: l’omofobia comincia a serpeggiare sin dalla tenera età. C’è un problema di valori oltre che di lavori che il Gay center sarà costretto a rifare. Anche di questo parlano le associazioni della comunità LGBTQ+, nessuno si sente più tutelato.
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Non basta gridare per dire basta, ma la voce deve ugualmente arrivare a chi di dovere per cercare di mettere in atto quel che resta: una vita tranquilla per chi ha scelto di difendere e vivere i propri ideali e le proprie scelte di vita che non hanno colore politico, ma appartenenza. Una sottile differenza che si fatica ancora a percepire e accettare.