Aveva fatto ben sperare la decisione del Consiglio di Stato lo scorso gennaio 2020 che disponeva la sospensione provvisoria della sperimentazione su 6 esemplari di macachi coinvolti nel progetto Light-Up, creato dalle Università di Torino e di Parma. E poiché la Direzione generale del Ministero della Salute non fu in grado di indicare alternative a tale pratica, il ministero, insieme ai due poli universitari, furono condannati a rifondere le spese legali alla LAV che aveva presentato ricorso. Purtroppo, a un anno di distanza, lo stesso Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza, scatenando la reazione infuriata degli animalisti.
Raggiungere Parma e Torino da Roma è praticamente impossibile nel fine settimana a causa delle attuali restrizioni che limitano gli spostamenti da una regione all’altra fino al 15 febbraio prossimo. I rappresentanti delle diverse associazioni e volontari di Roma e dintorni hanno deciso pertanto di radunarsi in ogni caso a Piazza Montecitorio domani pomeriggio alle ore 15 per esprimere la loro solidarietà nella causa contro la sperimentazione animale. “Ci vorrebbe un’altra Green-Hill!” – scrivono i più determinati su Facebook.
In realtà la sperimentazione animale è un fenomeno che non accenna a diminuire. Infatti nonostante lo scenario scientifico europeo sia sempre più rivolto alla promozione di metodi sostitutivi all’impiego di animali tramite la destinazione di fondi e la strutturazione di progetti internazionali, i numeri legati alla sperimentazione in Italia continuano ad essere altissimi arrivando a quasi 900.000 animali all’anno (fonte G.U. n.53); dati fortemente sottostimati in quanto non includono invertebrati, forme fetali e animali, o parti di essi, utilizzati già soppressi.
“Particolarmente sfruttati sono i primati non umani, tra cui proprio i macachi, che, per il loro sviluppo cognitivo simile all’uomo, sono i ‘prediletti’ per lo studio del cervello, di malattie legate al comportamento o virus come l’HIV” spiega Michela Kuan, biologa e responsabile nazionale del settore vivisezione LAV – e aggiunge “le scimmie subiscono gravi coercizioni fisiche con impianti nel cranio e immobilizzazioni in strutture di contenzione. Durante l’esperimento sono oggetto di deprivazioni gravissime come la mancanza di acqua per giorni e sono così assetate da bere l’urina delle altre scimmie. Gli impianti elettrici nel cervello e negli occhi ne registrano le attività mentali e sono evidenti i segni di sofferenza e dolore, come lividi e sanguinamenti che si protraggono per settimane”.
Ma allora perché continuare a seviziare esseri innocenti? Soprattutto motivi economici, la possibilità di vendere più facilmente un brevetto, denuncia Michela Kuan. “Influente è anche l’inerzia culturale”, secondo la biologa che sottolinea come nelle università e in ambiti accademici “il modello animale sia promosso come unico punto di riferimento”.
Rosanna Sabella