È morto a causa di una malattia professionale Maurizio Di Meo che all’epoca dei fatti aveva solamente 60 anni. L’uomo era un macchinista, lavorava per le Ferrovie dello Stato di Colleferro ed è morto per un mesotelioma pleurico per l’esposizione all’amianto con cui era coibentato il reostato che collegava i 13 motori del locomotore. Ora a distanza di 4 anni la giustizia sta facendo il proprio corso, anche su nulla potrà restituire Maurizio alla famiglia.
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Maurizio Di Meo morto per esposizione all’amianto: il risarcimento
Ora a distanza di 4 anni la giustizia sta facendo il proprio corso, anche su nulla potrà restituire Maurizio alla famiglia. Il Tribunale di Velletri ha condannato l’INAIL a corrispondere circa 80 mila euro di arretrati e una rendita vita natural durante di circa 1600 euro mensili alla vedova del macchinista.
Le azioni legali della vedova
Inizialmente l’INAIL aveva respinto la domanda di Maria Manciocco, vedova di Maurizio Di Meo, deceduto nel 2018 a soli 60 anni lasciando orfani i due figli Simone e Luca (all’epoca di 26 e 30 anni) per una malattia causata dall’asbesto. Questo nonostante il mesotelioma sia una malattia inserita nelle apposite tabelle, che rappresentano secondo i giudici: “la cristallizzazione di giudizi scientifici specifici sull’esistenza del nesso di causalità”.
La donna si era così rivolta all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, per avere assistenza legale che ha dimostrato, grazie alla sua quasi trentennale esperienza in materia, come, per ottenere la rendita, al lavoratore sia sufficiente dimostrare di essere affetto dalla patologia e di essere addetto alla lavorazione nociva.
Il processo
Durante il processo, di primo grado, anche i testimoni esaminati hanno confermato che, dal 1985 al 2003, il 60enne avesse lavorato a contatto con l’amianto presente nei locomotori. Tra i testimoni anche il fratello della vittima, anch’egli macchinista per Trenitalia.
Il consulente tecnico nella perizia chiesta dalla ricorrente, Corradino Menchella, ha spiegato come: “la patologia che ha condotto a morte Di Meo va individuata nel mesotelioma pleurico metastatizzato strumentalmente diagnosticato nel mese di aprile del 2017”.
Nella letteratura medica, come sottolineato anche dallo stesso Menchella, risulta: “sufficientemente documentato il rapporto tra la patologia in parola e l’attività del macchinista” come si legge nel VII Rapporto ReNaM dell’INAIL: “nel trasporto su rotaia sono stati esposti soprattutto i macchinisti, per la presenza di amianto spruzzato sulla cassa delle cabine di guida locomotive (rivestimento a spruzzo, coibentazioni di caldaie, tubazioni, scaldiglie, caminetti dei contattori, cavi elettrici) con liberazione di fibre, specie durante gli interventi di manutenzione”.
Il commento di Bonanni
“Un’altra vittoria nella lotta all’amianto – dichiara soddisfatto Bonanni – mi dispiace soltanto che ancora, per questioni ormai assodate, si debba adire il Tribunale con lungaggini che potrebbero essere assolutamente evitate. Si tratta di una sofferenza ulteriore per le famiglie delle vittime che già hanno perso un familiare a causa di una malattia contratta sul posto di lavoro”.
I casi di mesoteliama in Italia
Purtroppo quando accaduto a Maurizio Di Meo non è una circostanza isolata. Sono 852 i casi di mesotelioma registrati dall’INAIL nel settore “Trasporti terrestri ed arei” fino al 2018 in Italia e ben 69 quelli che hanno colpito i macchinisti ferroviari.
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