“La Perla Nera” riapre. Ma anche no. Anzi – nonostante il Tar del Lazio a gennaio abbia accolto il ricorso presentato dai gestori dello storico stabilimento balneare di Torvaianica, sospendendo così i provvedimenti presi dal Comune di Pomezia, almeno fino al 7 luglio, data in cui viene rinviata la camera di consiglio per la discussione della vicenda – ecco il colpo di scena: lo stabilimento viene inserito in un bando di gara, da concedere al miglior offerente da maggio a settembre 2021, con possibilità di rinnovo della concessione fino a un massimo di 4 anni.
È quindi una storia infinita, quella che vede protagonista lo storico stabilimento balneare di Torvaianica “La Perla Nera”. Dallo scorso anno è un continuo susseguirsi di ‘botte e risposte’ legali tra la società che finora ha gestito lo stabilimento e il Comune di Pomezia, che nel maggio del 2020 ha revocato la concessione – insieme a quella di altri 8 stabilimenti – a causa di mancati pagamenti di canoni demaniali e per presunti abusi.
Dopo la pronuncia del Tar, i gestori vorrebbero avere la possibilità di aprire la loro attività, dopo quasi un anno di mancato lavoro, e inviano la domanda la Comune, inviando una relazione con la documentazione necessaria per comprovare che gli abusi contestati dal Comune sono in realtà inesistenti. Si sono infatti accorti che tutto nasce da un errore iniziale, ovvero da un controllo fatto partendo da una planimetria del 1987, quando lo stabilimento era diverso da come era quando lo hanno acquistato loro.
Secondo il Comune, infatti, i problemi de La Perla Nera, contrariamente agli altri stabilimenti, “non sono riconducibili al solo omesso pagamento del canone demaniale marittimo, bensì anche alla realizzazione di un bar privo di autorizzazione a quota arenile, eliminando alcune cabine, e all’occupazione senza titolo di area demaniale”. Ma, da quello che emerge dalle planimetrie prese proprio in Comune attraverso l’accesso agli atti, il bar, così come la pedana, era già esistente (si vede dalle foto dell’epoca protocollate in Comune) nel 2002, ossia tre anni prima che subentrasse l’attuale società, che quindi non può aver compiuto alcuna opera abusiva.
Inoltre, nel 2007 viene fatto il rinnovo della concessione demaniale: anche qui dalle planimetrie si evince lo stato dei luoghi, che risulta esattamente così come è oggi, senza alcuna modifica, con il magazzino, la pedana, la rampa e il bar, che in realtà era catalogato come esercizio di vicinato: dal momento che al piano di sopra c’era il ristorante, di sotto si vendevano i prodotti.
Sembrerebbe quindi che lo stabilimento sia tutto regolare, quindi perché non esaminare la documentazione da capo ma, invece, fare un bando di gara per assegnarlo a qualcun altro? E se invece non fosse regolare ma ci fossero degli abusi, questi sarebbero “regolari” per il vincitore del bando o dovrebbe sanarli? Come mai vengono fatte una serie di contestazioni ai gestori che vengono a decadere in fase di bando?
In riferimento alla posizione dei presunti abusi fatti dal precedente gestore, proprio per mettersi in regola, nel 2008 era stata fatta una richiesta di sanatoria al Ministero dei Beni Culturali, che risulta ancora aperta nonostante siano passati 13 anni.
Da dove nasce il presunto abuso
Nel 1997 viene presentato dal vecchio gestore un progetto per far rendere fruibile l’arenile anche per i disabili. Questo prevede la demolizione della scala per costruire una rampa e una pedana di atterraggio per verticale, ma durante i lavori, effettuati negli anni 2000-2001, crollano due cabine. Lo smottamento viene relazionato al Comune di Pomezia, insieme alla decisione di fare la pedana orizzontalmente invece che verticalmente. Gli viene fatta un’ordinanza di demolizione della pedana, che deve essere costruita come previsto dal primo progetto, ossia per verticale. La pedana viene demolita e il vecchio gestore presenta un nuovo progetto nel 2001. Una volta approvato costruisce nuovamente la pedana, ma non le cabine, perché a causa dello smottamento ha dovuto rafforzare la parte sottostante. Di questo venne presentato sia il progetto, sia la relazione tecnica che le foto e su tutti quanti è stata apposta l’autorizzazione da parte del Comune di Pomezia con tanto di timbro, pertanto gli acquirenti, nel 2005, non immaginavano potesse essere considerato – 15 anni dopo – abusivo.
Documenti “non accoglibili” per il Comune
Tutta la documentazione, ricavata in mesi di accertamenti certosini attraverso l’aiuto di un tecnico e richiesta inoltre con l’accesso agli atti al Catasto comunale, viene consegnata con la richiesta di apertura, dopo la pronuncia del Tar, a gennaio di quest’anno, ma il Comune risponde che i documenti non sono accoglibili.
A causa del presunto abuso, la società non può neanche fruire della Legge 100, che consente di sanare la posizione debitoria saldando i pagamenti arretrati con un saldo e stralcio al 30% del dovuto, al netto dei 210 mila euro già versati. La sanatoria infatti è riservata solo ai concessionari che non hanno contenziosi con procedimenti penali in corso, cosa che l’abuso edilizio invece fa scaturire. Ma l’abuso edilizio, ribattono i gestori, non c’è mai stato, visto anche la Asl aveva accordato in deroga i lavori fatti nel 2001, dando il via libera al Comune, che poi aveva approvato il tutto. Le cabine, invece, non erano mai state ricostruite perché – a causa del cedimento strutturale – era stato necessario fare dei lavori di consolidamento che avevano sottratto spazio: anche di questo era stata fatta comunicazione al Comune, che aveva approvato.
La gara d’appalto e le udienze di merito: cosa succederà?
Adesso, invece di esaminare nuovamente la documentazione, il Comune di Pomezia ha bandito una gara d’appalto, mettendo così La Perla Nera, insieme allo stabilimento Cleopatra, in affidamento. L’8 marzo il bando è stato pubblicato sull’Albo comunale, con scadenza il 23 dello stesso mese. Solo due delle 9 concessioni demaniali decadute sono state mandate in gara: come mai? Perché tutta questa fretta proprio per La Perla Nera, quando c’era una sospensiva del Tar? Il 10 giugno c’è l’udienza al Consiglio di Stato e il 7 luglio i giudici del Tribunale Amministrativo del Lazio si riuniscono nuovamente per rivedere la questione: cosa succederà qualora dovessero dare ragione ai gestori, se nel frattempo lo stabilimento sarà stato assegnato a qualcun altro attraverso la gara d’appalto? Non sarebbe stato più logico far lavorare gli attuali gestori fino alle udienze di merito e poi regolarsi di conseguenza, per evitare ulteriori eventuali contenziosi legali nel caso dovessero vincere gli attuali gestori dello stabilimento? E perché non è stata data la possibilità di esaminare la documentazione presentata a gennaio dopo la sospensiva del Tar?
Sono domande a cui non solo le tre famiglie coinvolte, che non lavorano ormai da un anno, ma anche tutti i dipendenti che collaboravano con loro, vorrebbero finalmente una risposta.