Ci sono voluti 15 mesi, due bandi e due ricorsi al Tar, ma alla fine l’appalto per la raccolta dei rifiuti ha un vincitore definitivo. E non è quello che ha stabilito il Comune di Pomezia. Bensì quello che hanno deciso i giudici, dopo aver analizzato le carte prodotte dalla ditta ricorrente. Che, per inciso, era quella che all’origine aveva vinto il primo bando, annullato dall’amministrazione comunale, per poi farne un secondo, vinto da un’altra ditta.
Il Tar del Lazio, attraverso il giudice Pietro Morabito, ha infatti recentemente pronunciato la sentenza che vede assegnare la gara d’appalto alla Etambiente S.p.A., la società toscana che, per ben due volte, aveva presentato ricorso contro l’allora amministrazione capitanata dal sindaco Adriano Zuccalà. Ma tutto questo quanto costerà al Comune, e quindi ai cittadini? Parliamo di un appalto che, nel frattempo, è proseguito – e sta ancora proseguendo – in deroga alla vecchia ditta, Formula Ambiente, il cui contratto è ormai scaduto da quasi 3 anni. Ma cerchiamo di capire cosa è successo, riepilogando tutta la storia.
Il primo bando (annullato)
Tutto inizia nel 2021, quando, in ritardo rispetto alla scadenza del contratto in essere (bando scaduto il 31 marzo del 2020), viene indetta una nuova gara d’appalto per l’assegnazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel Comune di Pomezia. Ad agosto la gara viene vinta, sotto forma di ATI, dalla Etambiente come società capogruppo. Ma, appena due settimane dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il dirigente annulla gara attraverso la Determinazione Dirigenziale n. n.1212 del 14.09.2021.
Ovviamente Etambiente fa ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio, ma nel frattempo il Comune di Pomezia – senza aspettare la decisione del Tar – indice un’altra gara di appalto. La vicenda, oltre che al Tribunale – finisce sul tavolo dell’Anticorruzione. A mandarcela è l’allora Segretaria Comunale, la dottoressa Nadia Iannotta. Attraverso una nota inviata all’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), nella sua relazione avrebbe affermato che le motivazioni addotte dalla società toscana vincitrice della gara d’appalto poi annullata sarebbero ampiamente motivate nei fatti ed in diritto, chiedendo di interessarsi al caso e, laddove lo ritenga necessario, di provvedere di conseguenza. Poco dopo, il Segretario Comunale si dimette. Passano i mesi e il Tar, il 21 maggio 2022, respinge il ricorso della società toscana, giudicandolo “Improcedibile, inammissibile e infondato”.
Il nuovo bando
Al nuovo bando partecipano 5 società. Si presenta nuovamente Etambiente S.p.a., che ha “aggiustato il tiro” rispetto a quelle che sono le indicazioni che hanno portato all’annullamento precedente. Ci sono poi Ciclat, TeknoService s.r.l., Tek.ra. S.r.l., Teorema s.p.a. e Si.Eco S.p.A. – Super Eco S.r.l. Stavolta non partecipa Formula Ambiente, che per tantissimi anni ha svolto il servizio a Pomezia. La gara viene assegnata alla Ciclat, con un punteggio finale di 86,90 e un distacco notevole dal secondo classificato, Etambiente, che registra solo 78,88 punti. Ed è proprio questo punteggio che fa scattare i ricorsi al Tar non solo della classificata, che – guarda caso – è Etambiente, ma anche della terza arrivata. Il vantaggio ottenuto, infatti, è incolmabile proprio grazie ai punti ottenuti nella classifica tecnica. Un punteggio altissimo, quello assegnato a Ciclat, rispetto a quello dato a tutti gli altri avversari.
Guardando invece la classifica economica, ovvero il risparmio per il Comune di Pomezia, è proprio Etambiente a fare l’offerta migliore, con un ribasso del 10,76% contro il ribasso del 7,52% offerto da Ciclat. Nonostante ciò, il notevole stacco dato dalla prima classifica non avrebbe mai potuto colmare il vantaggio risultato dal risparmio economico offerto alla pubblica amministrazione. Ma il ricorso presentato dai concorrenti non si basa solo su questo. Quello che viene contestato è altro. Ovvero il fatto che la ditta vincente non avrebbe proprio potuto partecipare al bando, in quanto non in possesso dei requisiti necessari. Il terzo classificato, con un ricorso separato, invece, contesta anche il fatto che ci sarebbe una violazione in ordine alla nomina, alla composizione e al funzionamento della commissione di gara. Ovvero che ci sarebbe, di fondo, una incompatibilità tra le funzioni svolte nel procedimento e quelle di Presidente della Commissione di gara.
Il ricorso avverso al nuovo bando
Visto che il ricorso riferito al primo bando era stato respinto, Etambiente presenta dunque un altro ricorso, stavolta per presunti “profili di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione“. Allegata al ricorso una corposa documentazione, per dimostrare che la società vincitrice dell’appalto non avrebbe potuto partecipare alla gara, in quanto priva dei requisiti richiesti dal bando stesso. «Il Disciplinare di Gara indicava requisiti di capacità tecnica e segnatamente richiedeva la “esecuzione negli ultimi tre anni dei seguenti servizi analoghi: 1) servizi di raccolta porta a porta e trasporto dei rifiuti urbani, prestati in ciascuno degli ultimi tre anni antecedenti la pubblicazione del bando, per almeno un Comune costiero con popolazione di almeno 65.000 abitanti; 2) servizi di spazzamento delle strade, prestati in ciascuno degli ultimi tre anni antecedenti la pubblicazione del bando, per almeno un Comune costiero con popolazione di almeno 65.000 abitanti”», spiegano da Etambiente.
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Le anomalie
«Veniva inoltre specificato che questi requisiti andavano comprovati in maniera ufficiale “In caso di servizi prestati a favore di pubbliche amministrazioni o enti pubblici mediante una delle seguenti modalità. Originale o copia conforme dei certificati rilasciati dall’amministrazione o ente contraente, con l’indicazione dell’oggetto, dell’importo e del periodo di esecuzione”. Dagli atti di gara – chiariscono i responsabili di ETAmbiente – CICLAT ha inteso dimostrare il possesso dei requisiti indicando i servizi di raccolta e spazzamento svolti nel Comune di Ravenna negli anni 2019, 2020 e 2021. Ma, piuttosto che produrre le certificazioni attestanti i servizi svolti, rilasciate dal Comune di Ravenna, ha invece prodotto delle dichiarazioni di buona esecuzione sottoscritte da Hera S.p.A. che ricopriva, negli stessi appalti, il ruolo di mandataria capogruppo di RTI di cui CICLAT era invece impresa mandante». Nessun documento rilasciato, come richiesto nel bando di gara, da un’amministrazione pubblica, quindi, bensì da una società privata.
Etambiente prova a evidenziare questi fatti già il 30 marzo del 2022, comunicando alla Commissione di gara che avrebbe dovuto escludere la concorrente. Ma la comunicazione viene ignorata e non viene nemmeno citata nei verbali di gara, né tantomeno vengono fatti approfondimenti in merito.
Il servizio a Ravenna: superava i 65 mila abitanti?
Ma il problema non è solo questo. Con riferimento al servizio di raccolta, la certificazione rilasciata da Hera S.p.A. in favore di CICLAT fa riferimento al servizio svolto nel Comune di Ravenna, che ha circa 156 mila abitanti. «Ma indica chiaramente che CICLAT ha svolto quel servizio non singolarmente. Bensì quale mandante di un RTI composto da HERA S.p.A. (mandataria-capogruppo) e da Consorzio Formula Ambiente (mandante)», spiega Ignazio Schirru, dirigente della società toscana. «La certificazione infatti non consente di comprendere quale fosse la percentuale di partecipazione di CICLAT all’RTI. Né la quota di servizio di raccolta di rifiuti nel Comune di Ravenna effettivamente svolta da CICLAT. E, dal momento che il bando prescriveva lo svolgimento del servizio in un Comune di almeno 65.000 abitanti, se CICLAT, in quanto mandante dell’RTI, avesse svolto il servizio servendo solo una porzione del territorio, inferiore ai 65.000 abitanti, sarebbe priva del requisito di capacità tecnica richiesto dal Disciplinare di Gara. Ovviamente la stessa considerazione vale anche con riferimento al servizio di spazzamento».
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Il servizio porta a porta a Ravenna: esteso solo nel 2022
Altro dubbio, più che lecito, riguarda il servizio porta a porta. Anche qui il bando di gara di Pomezia prevede tassativamente che le ditte partecipanti abbiano come requisito un pregresso di esperienza presso una amministrazione pubblica di almeno 65 mila abitanti. E loro riportano sempre Ravenna.
«Ma così come si evince da numerosi articoli di giornale, la raccolta porta a porta a Ravenna si è estesa solo recentemente. La certificazione rilasciata da Hera S.p.A. in favore di CICLAT fa un generico riferimento ad un servizio di raccolta stradale e porta a porta. La documentazione non consente di comprendere se CICLAT abbia effettivamente svolto il servizio di raccolta porta a porta almeno per 65.000 abitanti, per tutti e tre gli anni precedenti alla pubblicazione del bando di gara», dichiara Schirru.
E qualche dubbio sorge, visto che, come attestano gli articoli di stampa, sembrerebbe che “il servizio di raccolta porta a porta nel Comune di Ravenna è solo di recentissima introduzione”. «Abbiamo allegato gli articoli, che parlano di introduzione del servizio addirittura a febbraio, marzo e maggio del 2022», spiega Schirru.
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La decisione del Tar
Vista tutta la documentazione, il 17 dicembre il Tar del Lazio ha messo fine, almeno per il momento, alla spinosa questione dell’appalto dei rifiuti a Pomezia. I giudici hanno deciso l’accoglimento del ricorso principale presentato da Etambiente S.p.A., che chiedeva l’aggiudicazione definitiva della gara d’appalto per l’affidamento del “servizio di raccolta differenziata, trasporto dei rifiuti solidi urbani, altri servizi di igiene urbana e pulizia dell’arenile per il Comune di Pomezia per gli anni 2022/2029, assegnata invece alla società CICLAT società cooperativa, annullando così l’aggiudicazione degli atti presupposti ai fini dell’assegnazione del contratto. Ma da quel momento nulla è cambiato.
Proroghe infinite
A raccogliere i rifiuti per le strade di Pomezia, al momento, è sempre Formula Ambiente. Malgrado, appunto, il vecchio appalto sia scaduto ormai da 3 anni. E qui si aprirebbe un altro capitolo ancora, perché si dovrebbero andare a vedere quali sono i costi che paga realmente il Comune di Pomezia. La proroga, infatti, sembra essere stata fatta con lo stesso contratto economico dell’appalto. Ma la domanda è: sono stati tolti i costi di ammortamento dei mezzi utilizzati – costi molto elevati – che da capitolato vanno conteggiati solo per la durata del contratto e non per eventuali proroghe? Si parla appunto di cifre consistenti, che ricadono sulle tasche dei cittadini.
Cosa succede ora?
Intanto la Etambiente non ha ricevuto alcuna comunicazione in merito all’appalto, che non è stato assegnato alla ditta toscana. Dal Comune, infatti, in oltre un mese nessuna mossa è stata fatta per ottemperare a quanto stabilito dai giudici. Vero è che Pomezia non ha un’amministrazione politica, ma è commissariata. E, oltretutto, il 5 gennaio 2023 – quindi non quando veniva pronunciata la sentenza – il Commissario Straordinario Dionisi, a seguito della sua promozione a Prefetto di Nuoro, ha annunciato che avrebbe lasciato presto Pomezia. In attesa del suo sostituto, che affiancherà le sub-commissarie Alessandra Pascarella e Laura Mattiucci, probabilmente non se la sarà sentita di prendere in mano questa situazione, anche se era già stata decisa dai giudici del Tar. Lo farà il suo sostituto? O si attenderanno le elezioni – quindi a giugno – per dare alla decisione una connotazione politica? Perché effettivamente si tratta di una decisione: il Comune dovrà decidere se accettare quanto stabilito dal Tar o se ricorrere al Consiglio di Stato, opponendosi ancora una volta – la terza – alla vittoria di Etambiente.
La risposta di Etambiente
“Qualora davvero il Comune di Pomezia non dovesse recepire la decisione del Tar ricorrendo al Consiglio di Stato – ha dichiarato l’ingegner Ignazio Schirru, Responsabile Nazionale Produzione di ETAmbiente S.p.A. – noi saremo ancora una volta pronti a difenderci come abbiamo sempre fatto. Abbiamo tenuto sempre la stessa linea, non abbiamo mai cambiato versione. I documenti parlano chiaro. Continueremo a portare quelli, certi di poter vincere anche in quel caso”.
Passerebbe però altro tempo e il tempo è denaro. Trattandosi di un appalto da circa 8 milioni di euro l’anno, in caso si andasse oltre, state valutando l’idea di chiedere un risarcimento economico? “Al momento no. La cosa però non è ancora stata valutata nell’ottica di un ricorso al Consiglio di Stato, cosa che, come ha detto lei, farebbe allungare di molto i tempi”. Intanto il Comune deve spendere, oltre i costi dei propri legali, con parcelle di certo non troppo economiche, 6.000 euro di risarcimento in favore di Etambiente, come deciso dai giudici.
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