Il campionato è finito, i problemi no. L’Ostiamare ha giocato quasi due anni a porte chiuse, dai calciatori della serie D ai pulcini. Tutti atleti che nello sport ci credono, come lui, Roberto Di Paolo, arrivato a Ostia con grandi progetti, tutti bloccati all’indomani della firma del contratto che lo ha reso presidente di una società che – di colpo – ha perso il valore che aveva fino a un attimo prima. Se fosse un film potremmo titolarlo “Una serie di sfortunati eventi”. Ma è la realtà e allora occorre andare a guardare dietro alle casualità e alle circostanze e cercare di capire.
“Da quando sono arrivato io, sono iniziati i problemi”, lo ha sempre detto, Di Paolo. Casualmente i controlli nell’impianto sportivo sono iniziati al momento della firma del passaggio dal vecchio al nuovo concessionario, avvenuta a gennaio del 2022. E adesso, a stagione conclusa, anche se a scendere in campo sono i ragazzini per un qualsiasi memorial o per un evento di beneficienza, i loro genitori sono costretti a restare fuori, a guardarli da lontano. Unico campo nel Lazio dove i bambini non possono contare sul tifo delle loro famiglie. E dove, mentre aspettano, i genitori non possono neanche andare a prendere un caffè, perché anche il bar è stato dichiarato abusivo.
“Un’altra casualità – commenta ironico Di Paolo – Prima che arrivassi io il bar veniva addirittura concesso in affitto. A me invece viene chiesto di metterlo a norma: ovviamente lo faccio, spendendo 7000 euro, seguendo tutte le indicazioni. Ma non appena i lavori finiscono, il locale viene chiuso. Qualche dubbio inizia a venirmi”.
La situazione della struttura: le incongruenze
Ma qual è la reale situazione dell’impianto sportivo di via Amenduni? È davvero, come sostiene il Comune di Roma, insanabile? Facciamo il punto. Nel novembre del 2021 viene firmato un compromesso di vendita tra la vecchia proprietà e il nuovo presidente. Casualmente qualcuno, il 2 dicembre 2021, quindi quando la trattativa di compravendita era in pieno atto, fa richiesta al Comune di Roma per avere un permesso a tempo determinato per “effettuare manifestazioni sportive presso l’impianto denominato ‘Anco Marzio’ situato in via Giovanni Amenduni”. L’istanza con cui viene protocollata la domanda è la numero QD/38801.
Il 28 gennaio 2022 alle 10.30 Di Paolo firma l’acquisto della società. “Lo stesso giorno, alle 18, arrivano i controlli che dichiarano che è praticamente tutto abusivo. Da quel momento non abbiamo mai giocato a porte aperte. Se avessi saputo una cosa del genere non avrei mai comprato la società”. Società che, almeno dal 2009 al 2016, è riuscita a far giocare le squadre a porte aperte, nonostante non avesse alcun permesso per far entrare il pubblico sugli spalti, visto che era sprovvista dei permessi per il pubblico spettacolo. Lo stesso permesso che, per l’anno in cui Di Paolo ha acquistato, si è dimostrato essere falso e corrispondente a un evento di moda.
Accanimento?
Finisce qui? No. “Appena entrato ho investito circa 400 mila euro per rifare il manto erboso, ridotto davvero male”, spiega Di Paolo. “Ero davvero convinto di poter fare grandi cose con questa squadra, perché sono tifoso dell’Ostiamare e amo Ostia. Ma non è servito a nulla. Mi hanno chiuso tutto, non solo le tribune. Anche gli spogliatoi, nonostante fossero a posto dal punto di vista delle norme tecniche: adulti e bambini sono stati costretti a cambiarsi a bordo campo, una situazione davvero assurda. Sto cercando di capire come sia possibile che in precedenza, quando era tutto fatiscente, fosse tutto ‘regolare’, mentre adesso, che voglio investire per fare i lavori e migliorare la struttura, sorgono i problemi che non c’erano mai stati. Voglio capire le ragioni dell’Amministrazione, ma loro non vogliono ascoltare le nostre: sto cercando un dialogo, ma trovo solo un muro”.
Eppure, quello che Di Paolo propone sono investimenti (di messa in regola) che renderebbero la struttura – di proprietà comunale – più funzionale. E di maggior valore. Di conseguenza, con un aumento dei canoni che si andrebbero a versare nelle casse dei Comune stesso. Ma finora da parte dell’amministrazione non c’è stato nessun accoglimento delle richieste fatte.
Sanatoria: si può fare o no?
Il “nodo” della questione è questo. Di Paolo, da quando il Comune lo ha accusato di essere abusivo e gli ha negato di giocare a porte aperte, ha chiesto di sanare gli abusi (o presunti tali, visto che risulta anche esserci un progetto che farebbe risultare regolari gran parte delle opere presenti). Infatti, come avevamo già riportato in un precedente articolo, nel 2006 era stato presentato un vecchio progetto (prot. 17201) di totale demolizione e ricostruzione del centro sportivo che prevedeva, tra l’altro, le tribune e gli spogliatoi, oltre a campi di diverse tipologie, e la demolizione e il rifacimento dell’area adibita a bar, uffici e servizi. Dopo ben 5 anni, il 3 agosto 2011, la giunta capitolina, con DGC n.273, aveva approvato il progetto definito completo presentato, confermando di fatto l’assentibilità delle opere e la validità dei Nulla Osta nel frattempo rilasciati dagli Enti competenti.
La DIA prot. 47695 del 29/05/2008, costituiva il presupposto per la realizzazione di alcune delle strutture esistenti. Ma non solo: successivamente all’epoca era stata presentata anche la domanda di Sanatoria L 47/85, istanza prot. 87/92182/1 relativa al bar, agli uffici e ai servizi, tutti locali che adesso il Comune ritiene abusivi. Eppure, nonostante siano state realizzate opere per una cubatura inferiore a quanto previsto dal progetto originario, adesso il Comune – dopo anni di mancati controlli durante la vecchia gestione – usa il pugno di ferro. E da due stagioni calcistiche (o meglio da quando è cambiata la presidenza) non solo ha chiuso i cancelli al pubblico, ma impedisce di fatto di sanare i presunti abusi, sembrerebbe a causa del vincolo paesaggistico. Ma è proprio così? O invece la possibilità di effettuare i lavori c’è?
Il paradosso
Il problema è questo. Analizzando le carte, la sanatoria è fattibile. Ma la richiesta non deve essere avanzata dal concessionario, ossia da chi ha in gestione l’impianto. Bensì dal proprietario dello stesso, ovvero dal Comune di Roma, o meglio, in questo caso, dal settore che lo gestisce, quindi dal Dipartimento allo sport. Che la presenterà solo se riterrà opportuno farle, ovvero se la giudicherà conveniente. E lo è? Conti alla mano, per la comunità lo sarebbe di sicuro. Se il concessionario dell’impianto, ovvero Di Paolo, riuscisse a sanare e condonare l’impianto dell’Ostiamare, il valore dello stesso (che ricordiamo resterebbe di proprietà del Comune e solo in gestione al privato) aumenterebbe. E, di conseguenza, aumenterebbero gli oneri concessori e quindi le entrate per il Comune. Soldi che diventerebbero pubblici, quindi da utilizzare per i cittadini.
Altra cosa: sanarlo significherebbe far investire in lavori che migliorerebbero la qualità dell’impianto stesso. Questo comporterebbe che chi lo frequenta, a partire dagli atleti di tutte le età o i genitori dei piccoli calciatori, ne trarrebbero beneficio. La cittadina stessa, con uno stadio nuovo, ne avrebbe di riflesso un lustro e un beneficio. Finalmente si potrebbe tornare a giocare a porte aperte, attirando quindi la tifoseria avversaria e quindi persone che, potenzialmente, potrebbero approfittarne per visitare Ostia. Perché non approfittare di qualcosa che andrebbe ad alzare il valore commerciale della struttura stessa, tutto a vantaggio della collettività e delle casse comunali? La domanda a questo punto è lecita: perché non concedere la sanatoria per questi lavori? Cosa frena l’assessorato allo sport, sia per condonare che per sanare? Perché questo silenzio assoluto, nonostante dai documenti prodotti dal concessionario risulti possibile sia condonare che sanare le varie parti della struttura?
15 anni di mancati controlli
I presunti abusi sono stati fatti nel passato, dalla vecchia gestione. E nessuno, nella pubblica amministrazione, per 15 anni ha mai visto nulla. Interi campionati giocati tranquillamente, eventi e manifestazioni alla presenza di autorità, eppure nessuno si era mai accorto di abusi che improvvisamente sono saltati tutti insieme all’occhio implacabile e attento degli uffici solo dopo il passaggio di consegne da un concessionario all’altro.
Quindi ancora una volta, guardando al passato, al presente e al futuro, qualche domanda ce la poniamo. Viste le mancanze dell’amministrazione nel passato, perché oggi che c’è un privato che vuole investire per migliorare in modo trasparente e a norma di legge sulla struttura non si fa qualcosa che nell’immediato futuro porterà comunque un guadagno per la collettività?
È forse meglio continuare a lasciare le cose così come stanno, con un impianto fuori regola, quindi con le squadre che giocheranno ancora a porte chiuse, i calciatori costretti a spogliarsi all’aperto, i genitori che non potranno vedere i loro bambini quando disputano una partita, né prendere un caffè mentre aspettano che finiscono di allenarsi? Oppure si sta aspettando che il privato deponga le armi, sfinito e scoraggiato dalle perdite economiche subite finora, e riconsegni l’impianto?